
Caro Direttore,sono un pensionato e, come molti, ho sperimentato quanto la fine della vita lavorativa possa esporre al rischio di depressione e isolamento. Per contrastare questa situazione, è fondamentale trovare nuove forme di coinvolgimento. Il volontariato e l'impegno sociale favoriscono la socializzazione e il benessere psicologico, mentre una solida stabilità economica e relazioni affettive autentiche contribuiscono a migliorare la qualità della vita.
Donare arricchisce chi riceve, ma ancora di più chi offre. Lei cosa ne pensa?
Giuseppe Di Biasi
Caro Giuseppe,
lavoriamo in attesa di potere smettere e di goderci un po' di riposo e poi, quando smettiamo, ecco che soffriamo l'essere fermi, la mancanza di impegni, l'assenza di orari scanditi, scadenze, sveglia all'alba, insomma, di quel ritmo martellante che talvolta diventa insostenibile ma dal quale pure dipendiamo morbosamente. Accade così che quel riposo non riusciamo più a considerarlo come una occasione per dedicarci a quello che abbiamo trascurato per tutta quanta una vita, bensì ci pesa come una prigionia, ci sentiamo tagliati fuori da un mondo che non rallenta, che continua a correre, che non si arresta. Prima si pativa perché si correva senza pace e ora si patisce perché quella corsa forsennata, che talvolta ci risultava priva di senso, si interrompe.
Quello che grava di più sui pensionati è il sentirsi inutili. Ecco perché io, pur essendo andato in pensione, non ho mai cessato di lavorare e mai potrei rinunciare ai miei doveri quotidiani, alla mia nutrita agenda di incontri, interviste, cose da scrivere, cose da leggere, cose da fare. Faccio in modo di non avere mai una pausa. Del resto, sgobbo da quando avevo 11-12 anni, ho acquisito un determinato ritmo.
Eppure sì, tu metti in luce una problematica sociale molto estesa: la depressione che prende coloro che si ritirano dal lavoro in quanto hanno raggiunto una certa età. Molti pensionati avvertono di potere ancora contribuire, grazie alla loro esperienza e a competenze maturate nel corso di decenni di attività, ma sono obbligati a ritirarsi, adattandosi, loro malgrado, ad uno stile di vita completamente differente. I contatti sociali che il lavoro rendeva frequenti si contraggono e si riducono drasticamente. Ci si sveglia al mattino e non si ravvisa uno scopo per il quale alzarsi dal letto. Stare davanti alla tv è tedioso. Uscire per fare due passi è piacevole, ma dopo un po' stancante. La depressione da pensionamento, i cui sintomi sono tristezza persistente, apatia, insonnia, ansia, esiste ed è molto più diffusa di quanto si creda. Se ne parla troppo poco. Ritengo che sia utile, per contrastarla, mantenere o creare una routine quotidiana nuova e stimolante, cercare il contatto con gli altri, dunque conservare una buona vita sociale, coltivare un talento, un hobby. Concordo con te che sia opportuno e gratificante fare qualcosa per gli altri. Perché no?
Chi sta peggio? Coloro i quali vedono le loro condizioni economiche peggiorare drasticamente e che non sono riusciti a mettere da parte consistenti risparmi, ma anche chi non ha nipoti e nemmeno figli, o quelli i cui familiari vivono lontano, quelli che non hanno amici sui quali potere contare. E, purtroppo, sono tanti gli anziani che campano in totale solitudine e il loro numero, in una società sempre più longeva e in cui non ci si sposa più e non si mette più su famiglia, è destinato ad aumentare. Come supplire a certe carenze in un'epoca in cui sono estinti pure i rapporti di vicinato? Facendo rete in altro modo.
Mi considero fortunato perché seguito a sgobbare, non sto male, ho una famiglia ampia e unita, tanti amici e conoscenti. Ma comprendo bene come possa sentirsi avvilito un individuo, maschio e femmina che sia, nel passaggio critico tra la vita lavorativa e la vita da pensionato. Lustri fa in un film Paolo Villaggio rappresentò bene con il suo celebre personaggio, il ragioniere Ugo Fantozzi, questa condizione nonché il turbinio di sensazioni esperite da chi attraversa questa fase. Un film comico ma anche tragico, come nello stile tipico del geniale attore e sceneggiatore, che ho avuto il piacere di conoscere e frequentare.
Siamo condannati alla insoddisfazione noi esseri umani. Vogliamo sempre quello che non abbiamo. E magari è proprio questo il punto.
Dovremmo imparare a guardare i lati positivi di ogni condizione e soprattutto a dare valore ad una pausa, ad un silenzio, ad un momento di quiete senza farci prendere dall'urgenza, o dall'ansia, di riempire tutto quello che ci appare vuoto, insopportabilmente vuoto.E se manca la compagnia, si può sempre adottare un micio.