Il paradiso degli stupratori

«Avevo dodici anni quando il combattente dell'Isis cui appartenevo cominciò a spiegare ciò che stava per fare. Disse che il Corano ordina di sottomettere sessualmente le donne non musulmane. Poi si inginocchiò pregando. Finita la preghiera mi saltò addosso con tutto il peso del suo corpo. Io urlavo. Ero una bambina piccola e minuta. Quando ebbe finito l'uomo riprese a pregare in ginocchio». È una storia di ordinaria quotidianità mediterranea, specialmente dove sventolano le nere bandiere dell'Isis. Tratta da una serie di interviste, pubblicate dal New York Times , nella città irachena di Qadiya dove si sono rifugiate molte donne della minoranza (...)

(...) Yazidi in fuga dai campi dello stupro religioso. Tutte hanno confermato che gli stupratori considerano la sottomissione sessuale un'arma divina, insieme all'eliminazione fisica degli infedeli. Con tali strumenti le milizie islamiche hanno in pochi anni fatto piazza pulita della maggior parte dei cristiani in Africa e Medio Oriente, crocefissi, decapitati, bruciati vivi.

Ci piacerebbe sapere da monsignor Nunzio Galantino, segretario della Cei, se non ritiene azzardata un'accoglienza ad occhi chiusi, visto che anche i nostri servizi segreti hanno denunciato la presenza tra i profughi di militanti dell'Isis, per i quali lo stupro degli infedeli è volere di Allah.

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