Comunicare nello spazio e sulla terra in modo da non essere mai intercettati e poter quindi consegnare senza problemi un messaggio segreto: è il sogno di ogni governo, di tutti i servizi di intelligence, e, in fondo, di ognuno di noi, abituati a scambiarci informazioni via mail o tramite Facebook con il timore di essere «scoperti». O volendo dare voce all'immaginazione, potremmo azzardare di più, pensando a una realtà aliena che ci attacca e che alla fine perde la sfida con i terrestri, perché dotati di un sistema di «messaggistica» impossibile da decifrare. Attualmente, però, tutto ciò è un'utopia. Perché la comunicazione tradizionale attuale si basa sulle onde radio e la fibra, messaggi che possono essere «letti» e «manipolati». In pratica se qualcuno spedisce un dato criptato secondo il sistema attuale, può essere scoperto perché c'è chi può individuare la «chiave di lettura». Da oggi però le cose potrebbero cambiare grazie all'invenzione di un futuristico sistema di comunicazione basato sull'impiego dei fotoni. Sono le particelle elementari della luce. Cos'hanno di diverso dagli altri messaggeri? Non possono essere intercettati e quindi «rubati». Se non distruggendoli. Non è facile comprenderlo perché presuppone conoscenze avanzate di fisica, che fra le altre cose concerne il famoso paradosso di Schroedinger, tale per cui un gatto è allo stesso tempo vivo e morto. Ma proprio in questi giorni un team di scienziati italiani ha reso noto di essere riuscito a comunicare tramite la luce. «È una prima assoluta nel mondo», ha detto il presidente dell'Asi, Roberto Battiston. Trasmissioni dati quantistiche erano state finora tentate a Terra, ma su distanze dieci volte inferiori».Alcune informazioni sono state «impacchettate» sottoforma di raggi quantizzati e spedite verso il satellite Lares, lanciato nello spazio nel 2012; da qui hanno poi raggiunto di nuovo la superficie terrestre, portando con sé i dati che servivano al test. È il successo ottenuto dai ricercatori del Centro di Geodesia spaziale di Matera dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi), in collaborazione con gli esperti dell'Università di Padova. Il messaggio quantistico inviato nello spazio ha viaggiato per 1.700 chilometri. Un record. Prima si era arrivati a 144 chilometri. Non è la prima volta in assoluto che si arriva a una comunicazione a livello quantistico. Precedentemente il fenomeno era stato ottenuto fra le Isole Canarie di La Palma e Tenerife, coinvolgendo gli strumenti dell'Optical Ground Station dell'Esa.
Interessa tanto questa notizia, perché è in corso una vera e propria gara per riuscire a elaborare il primo sistema di comunicazione quantistica ufficiale. In questo modo ci si potrebbe avvantaggiare dell'ipotesi di poter usufruire per la prima volta di messaggi impossibili da codificare. Che si muovono a grandissima velocità. Qui si aprono nuove sfide; tipo quella di poter creare il primo centro di comunicazione quantistica spaziale. Compito che in un futuro non tanto lontano potrà essere assolto per esempio della stazione spaziale internazionale. E da qui si può partire per lo scenario più fantascientifico: il teletrasporto. Perché se è vero che oggi siamo riusciti a spedire dei minimessaggi quantistici, un domani c'è chi spera di poter inviare corpi e oggetti da una parte all'altra del pianeta. O dove solo la più fervida immaginazione può suggerire; come nei bellissimi esempi offerti da film come Star Trek e Stargate .
Una vera e propria «staffetta» di telescopi spaziali e basati a Terra sta inviando immagini e dati sul buco nero più attivo mai visto nella galassia che sta divorando una piccola stella vicina «ingoiando» brandelli di materia. Lo rende noto l'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). «La gravità del buco nero accelera la materia a velocità vicine a quella della luce, raggiungendo temperature elevatissime», dice Pietro Ubertini, dell'Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (Iaps) dell'Inaf. A diffondere le prime notizie sulla coppia più «brillanta» della Via Lattea sono stati dei Telegrammi Astronomici (Atel), ossia il più veloce «passaparola» per gli astronomi di tutto il mondo. L'oggetto luminoso è formato dalla piccola stella chiamata V404 Cygni, delle dimensioni del nostro Sole, e dal buco nero GS2023+338, la cui massa è dieci volte superiore a quella del Sole. È stata scoperta 25 anni fa dal satellite giapponese Ginga, «ma poi si è spenta ed è rimasta così per oltre 20 anni», ha detto Ubertini.
«Solo la settimana scorsa - ha aggiunto - Swift ha visto un'emissione molto forte e ha dato l'allerta». Lanciato nel 2004 dalla Nasa, il satellite è stato realizzato in collaborazione con Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e Consiglio britannico per le ricerche di Astronomia e Fisica delle particelle (Pparc).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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