Londra Gli ultimi sondaggi su Brexit stanno scatenando il panico a Downing Street. Sebbene ormai si sappia com'è difficile prevedere il voto degli elettori, i dati diffusi venerdì non potevano non allarmare i sostenitori di Remain dato che davano gli avversari di Leave in testa con uno scarto di ben 10 punti. La sterlina ne ha subito risentito segnando una brusca discesa e il mercato non l'ha presa bene.
A questo punto, rivelava ieri il quotidiano Daily Telegraph, Cameron ha deciso di giocare duro lasciando ad altri le strategie beneducate. Così il nuovo approccio consisterebbe in una serie di attacchi personali a colui che meglio incarna il Brexit-pensiero, vale a dire l'ex sindaco conservatore Boris Johnson. Se nelle ultime settimane i cittadini decisi ad uscire dall'Europa sono aumentati è infatti sicuramente anche grazie agli interventi efficaci di Johnson che da sempre sa come utilizzare i media. Il primo ministro al contrario non è riuscito ad essere convincente nei dibattiti pubblici a cui ha preso parte e la campagna di Remain è stata frenata da alcuni passi falsi. Il fatto che, ad esempio, la Regina sia stata coinvolta nella disputa per aver inserito nella lista d'onore stilata in occasione dei suoi 90 anni due dozzine di supporters governativi non è piaciuto. La caotica posizione laburista sul referendum con decine di membri del partito a favore di Brexit e in aperta contrapposizione con il leader Jeremy Corbyn non ha certo aiutato. A questo punto molto meglio buttarla sul personale anche se per interposta persona, senza sporcarsi troppo le mani. Quindi sebbene Cameron abbia appena dichiarato di non voler trasformare la campagna referendaria in una battaglia tra Tories, questo è proprio quello che sta accadendo. Giovedì, durante un dibattito televisivo, il ministro per l'Energia Amber Rudd, ha lanciato un feroce attacco all'indirizzo dell'ex sindaco di Londra accusandolo di aver deciso di sostenere Brexit soltanto per motivi personali. «Johnson è l'anima del partito, ma non è lui che vorresti ti accompagnasse a casa alla fine della serata», ha detto la Rudd facendo infuriare gli euroscettici. Fonti vicine al governo, racconta il Telegraph, dicono che il suo attacco è stato orchestrato fin nei minimi dettagli da Downing Street e dal ministero del Tesoro. Venerdì, i sostenitori di Remain hanno anche diffuso un poster che raffigura Cameron, l'ex ministro Conservatore Gove e il leader dell'Ukip Farage mentre giocano a dadi. Sotto il manifesto si legge «Non lasciare che scommettano sul tuo futuro». A chi gli ha chiesto se si sentisse dispiaciuto per gli attacchi personali nei confronti di Boris Cameron ha risposto: «Anch'io ho partecipato a questi dibattiti e questo è il modo in cui funzionano le cose». Ha aggiunto però che intende ancora offrirgli un posto nell'esecutivo subito dopo il voto del 23 giugno. Sempre che quel posto Il biondo Boris lo voglia ancora accettare. Se c'è qualcosa di vero nelle accuse lanciategli dalla Rudd infatti, sono senza dubbio la sua ambizione e la sua eterna rivalità con Cameron. Il desiderio di diventare leader di partito non ha mai abbandonato Johnson e la sua decisione di sostenere Brexit è stata guardata con forte sospetto fin dall'inizio.
A questo punto della partita nessuno può negare che questo referendum sia diventato anche uno scontro personale tra due grandi protagonisti della storia del partito conservatore, troppo ingombranti per convivere. E probabilmente, l'esito del voto è destinato a porre fine anche alla carriera di uno dei due.
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