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Il Pd dona il seggio a Conte. Calenda pronto a sfidarlo

Letta orientato a portare alla Camera il leader 5s. Ma il centrista non ci sta: potrebbe candidarsi

Il Pd dona il seggio a Conte. Calenda pronto a sfidarlo

«È fatta», dicono in casa dem. Il collegio più pregiato del centrosinistra, a Roma, potrebbe finire, gira che ti rigira, a Giuseppe Conte, che tempo fa aveva fatto seccamente smentire l'ipotesi. Ma le idee, come si sa, in casa grillina cambiano facilmente.

Nella Capitale (zona centro) si voterà il 16 gennaio per sostituire Roberto Gualtieri, eletto sindaco. L'ex ministro dell'Economia di Conte era stato eletto con percentuali bulgare: 62%. Potenzialmente, quindi, un'elezione in carrozza per l'ex premier, che blinderebbe così l'alleanza con il Pd. Per il leader grillino si tratta di un'ambita ciambella di salvataggio: per lui è essenziale riuscire ad essere protagonista in prima persona del Grande Gioco del Quirinale, che si aprirà proprio in quei giorni. Anche per tentare, dal di dentro, di controllare un gruppo parlamentare totalmente anarchico e diviso in mille tribù, e nel quale è assai forte l'ascendente del suo rivale interno, Gigino Di Maio. Per questo Conte avrebbe chiesto a Letta di mettersi una mano sulla coscienza: «Anche a te conviene che io sia dentro per guidare una strategia comune», il suo ragionamento col leader Pd. Il quale aveva, dal canto suo, un grosso problema col proprio partito: i dem del Lazio, infatti, avevano deciso di imporre al Nazareno la candidatura del centrista Enrico Gasbarra, e le controproposte lettiane («Una donna», da scegliere tra la ex segretaria Cisl Annamaria Furlan e la portavoce delle donne dem Cecilia D'Elia , sponsorizzata dalla sinistra) non avevano trovato grandi riscontri tra i ras locali. Con la candidatura Conte, Letta riuscirebbe a zittire tutti: dal sindaco Gualtieri al presidente della Regione Zingaretti («È un'opportunità, dobbiamo costruire un'alleanza che si prepari a vincere le elezioni», dice) fino a Bettini, quelli che a Roma contano non possono dire no all'amico Giuseppi.

Tutto fatto, dunque, con tanto di simbolo «Con Conte»? È da vedere: il Pd laziale è in subbuglio, e l'opzione pro-Giuseppi potrebbe creare problemi interni al segretario. Senza contare gli alleati: Carlo Calenda, che a Roma ha avuto un risultato superiore al Pd, non apprezza per nulla il cedimento alle esigenze del capo politico M5s. Al punto che, dicono i suoi, potrebbe addirittura decidere di spendersi in prima persona. Lui non conferma e non smentisce, racconta di aver «chiamato Letta almeno dieci volte per coordinarci e per evitare strappi» sulla scelta di un candidato per un collegio chiave nel quale la lista di Calenda ha avuto risultati superiori a ogni aspettativa. E di «non aver avuto alcuna risposta». A questo punto, dice Calenda, «se vogliono davvero candidare Giuseppe Conte, facciano pure». Ma i suoi aggiungono un carico da undici: «Nulla esclude, a questo punto, che possa candidarsi proprio Carlo contro di lui». Una bomba sulla strada di Giuseppi: basta l'allusione per creare il panico nell'alleanza giallorossa. E anche i renziani sono sul piede di guerra: «Se gli candidiamo uno serio contro, come Marco Bentivogli, per lui sono guai», dicono.

E Michele Anzaldi avverte: «Candidare Conte significa mettere a rischio il seggio: serve un nome riformista».

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