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Pd, Letta punta tutto sulle Amministrative per zittire le correnti

Alta tensione tra i dem. Cuperlo: smarcarsi da Draghi. Base riformista: ora chiarimento

Pd, Letta punta tutto sulle Amministrative per zittire le correnti

Tutti uniti «pancia a terra», nel Pd, fino alle elezioni del 3 ottobre. Ma dopo i risultati elettorali servirà un «chiarimento» interno, dicono da Base Riformista, la corrente che fa capo al ministro Lorenzo Guerini e a Luca Lotti. Un chiarimento, spiega il portavoce Andrea Romano, «sulla qualità e la sostanza del nostro pieno sostegno al governo Draghi e alla sua coraggiosa opera di riforma del paese».

A incrinare l'unità di facciata, sollecitata dal segretario Enrico Letta nell'ultima direzione, è stato ieri un intervento di Gianni Cuperlo, presidente della Fondazione Pd ed esponente della sinistra interna, che ha invitato il partito a costruire una propria «agenda» diversa da quella del governo Draghi. Un'agenda molto di sinistra, sul modello della Spd tedesca, che preveda «salario minimo a 12 euro l'ora, patrimoniale sulle super-ricchezze, blocco degli sfratti, reddito di cittadinanza, fine del tabù del pareggio di bilancio» e chi più ne ha più ne metta. L'invito a distinguersi dal governo che (con scarso entusiasmo a sinistra) il Pd sostiene, e che anzi Letta si è augurato di poter sostenere fino a fine legislatura, ha dato fuoco alle polveri. «Certo che se c'è un giorno sbagliato per prendere le distanze da Draghi è proprio quello successivo allo splendido discorso di Draghi sul geniale Nino Andreatta», dice Stefano Ceccanti. «I continui distinguo sul governo Draghi non aiutano i gruppi parlamentari e non aiutano il segretario. Serve chiarezza ed unità di obiettivi», ammonisce Andrea Marcucci.

Letta punta tutto sul successo alle amministrative per mettere il silenziatore alle tensioni interne tra riformisti filo-Draghi e sinistra filo-M5s. Una vittoria, che ora appare possibile, anche nelle città governate (disastrosamente) dai grillini, Torino e Roma, potrebbe segnare una svolta nei rapporti con l'alleato populista. Darebbe infatti finalmente al Pd la supremazia politica su M5s, dopo anni di totale sottomissione: la disastrosa sconfitta elettorale che si prefigura per i 5s, pensa il leader Pd, costringerebbe anche l'ambizioso Conte - che dovrà decidere che fare ai ballottaggi - ad abbassare le penne, e il Pd potrà agevolmente rivendicare il ruolo di «perno» della coalizione di centrosinistra. Mettendo così a tacere chi, nel partito, rimprovera al segretario l'eccessivo appiattimento su Conte. È un gioco pericoloso, perché rischia di destabilizzare l'incerta leadership contiana sui 5S, con esiti imprevedibili nella partita per il Quirinale e in quella per la formazione delle liste alle prossime politiche, quando Pd e M5s dovranno spartirsi i collegi elettorali.

Ma è una scommessa necessaria per Letta, se vuole restare in sella fino alle elezioni politiche.

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