Afghanistan in fiamme

Pechino coi mullah. La Nato su Kabul: "Non torni a essere base dei terroristi"

Per la Cina e il Qatar il nuovo governo talebano è "un'opportunità da cogliere". Preoccupazione da Usa e Ue: "Il sostegno va meritato, esecutivo alla prova dai fatti. Gli aiuti sono a rischio"

Pechino coi mullah. La Nato su Kabul: "Non torni a essere base dei terroristi"

Usa e Ue preoccupate, Cina disposta a comunicare. Le potenze coinvolte nel Risiko afghano reagiscono al nascente governo dei talebani, formato da terroristi nella lista nera dell'Onu e ricercati dalle agenzie di sicurezza di tutto il mondo. Ieri la Nato ha tenuto una riunione virtuale dei ministri degli Esteri ospitata congiuntamente dal segretario di Stato americano, Anthony Blinken, e dal collega tedesco, Heiko Maas. «L'Alleanza atlantica e l'intera comunità internazionale non accetteranno che l'Afghanistan torni ad essere un rifugio per i terroristi. I talebani devono mantenere i loro impegni» ha scritto su Twitter il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg a margine dell'incontro, in cui si è tentato di definire una serie di condizioni per cooperare con i nuovi leader. Compresa la libertà di movimento per gli afghani e i cittadini stranieri che desiderano lasciare il paese, la protezione dei diritti delle donne e l'impegno a tutelare gli operatori umanitari. Il nuovo esecutivo certamente non appare inclusivo, e comprende persone con un passato molto discutibile, ha affermato Blinken, aggiungendo che gli Usa sono «preoccupati» per alcuni individui che ne fanno parte. Il titolare di Foggy Bottom ha poi sottolineato che ogni legittimità e sostegno al governo talebano da parte della comunità internazionale «deve essere meritato»: «giudicheremo dalle loro azioni». Intanto, però, il Segretario di Stato ha spiegato che sinora i talebani non stanno permettendo le partenze, e gli Usa «faranno tutto ciò che è in loro potere» per riprendere i voli di evacuazione.

Anche l'Unione Europea ha criticato la composizione dell'esecutivo dei mullah, affermando come «non sembri una formazione inclusiva e rappresentativa della ricca diversità etnica e religiosa dell'Afghanistan, che i talebani hanno promesso nelle ultime settimane». L'alto rappresentante per gli affari Esteri dell'Ue, Josep Borrell, ha ribadito che «il governo dei talebani sarà giudicato sulla base delle loro azioni e non sulle promesse: presteremo particolare attenzione alle loro azioni». «Dobbiamo parlare con chi è al potere principalmente per garantire gli sforzi di evacuazione, ma anche per prevenire una crisi umanitaria - ha proseguito - Ma ciò non implica in alcun modo il riconoscimento politico internazionale dei talebani».

Non si sbilanciano invece le Nazioni Unite: il vice portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq, ha affermato che «l'Onu non si impegna in atti di riconoscimento dei governi, poiché é una questione che riguarda gli stati membri». «Dal nostro punto di vista - ha precisato - solo un accordo negoziato e inclusivo porterà una pace sostenibile in Afghanistan». Sul fronte opposto rispetto agli occidentali è la posizione di Pechino, che ha affermato da subito di essere pronta a costruire relazioni amichevoli. L'ambasciata cinese a Kabul «sta ancora svolgendo normalmente le sue funzioni. Siamo disposti a mantenere le comunicazioni con il nuovo governo e i nuovi leader», ha spiegato il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin. Per il presidente americano Joe Biden, il Dragone sicurante «cercherà di raggiungere un qualche accordo» con i mullah. E lo stesso, ha aggiunto, tenteranno di fare Pakistan, Russia e Iran: «Stanno tutti cercando di capire cosa fare ora».

Da Doha, nel frattempo, la vice ministro degli Esteri Lolwah al-Khater ha spiegato alla Afp che i talebani hanno mostrato «una buona dose di pragmatismo» e devono essere giudicati per le loro azioni come «governanti de facto» dell'Afghanistan.

«Cogliamo le opportunità che si presentano - ha proseguito la vice ministro del Paese al centro dei negoziati diplomatici - e mettiamo da parte le nostre emozioni».

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