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Pechino si annette il porto del Pireo. Affare per la Cina, flop per la Grecia

Il Dragone avrà il controllo fino al 2052. Atene è tagliata fuori

Pechino si annette il porto del Pireo. Affare per la Cina, flop per la Grecia

Dopo aver trasformato buona parte dell'Africa nera in un feudo, Xi Jinping vorrebbe ora tramutare l'Europa nel salotto buono di casa sua e camera con vista sul Pireo. Per realizzare il progetto, che consiste nella costruzione di una via di comunicazione commerciale tra Oriente e Occidente, Pechino ha assoluto bisogno di avere porti nel Vecchio Continente per i suoi container. Per comprare e gestire gli scali commerciali, sia marittimi che ferroviari, sono stati investiti complessivamente 6 miliardi di euro. Ad aprire il portafoglio è soprattutto la Cosco (China Ocean Shipping Company), società statale che da oltre 10 anni ha avviato una vera e propria campagna acquisti dei porti di mezzo mondo e che gestisce 15 terminal in otto diverse nazioni europee. Il primo porto nel quale ha investito è stato quello di Anversa, in Belgio, nel 2004, per 134 milioni di euro. Le mire cinesi non si limitano all'acquisto di porti, ma si estendono all'acquisizione di società che gestiscono la navigazione commerciale. È il caso di Marsiglia, dove la Cosco ha comprato il 49 per cento delle azioni con un investimento di 400 milioni di euro. Caso simile per il 51 per cento della società che gestisce la rete commerciale interna della Spagna tramite scali portuali e ferroviari. Tra i terminal ci sono i porti di Bilbao e Valencia e gli scali di Madrid e Saragozza, ottenuti grazie ad un investimento di 203 milioni nel 2017.

L'investimento più ragguardevole risale al 2008 quando è stata rilevata la gestione del porto del Pireo in cambio di 4,3 miliardi di euro. Nel 2016 la Cosco aveva ottenuto il 51 per cento delle quote di quello stesso porto, stringendo nelle scorse settimane un accordo per l'acquisto di un ulteriore 16 per cento. La Cina, come raccontato dall'Huffington Post, ha fatto del Pireo il suo primo vero mattone della nuova Via della Seta, un ponte per l'espansione commerciale e industriale asiatica in Europa, con massicci investimenti non solo nei terminal, ma anche nella logistica, nelle riparazioni navali e nel turismo. Ora che si è assicurata il controllo del porto della Grecia fino al 2052, il governo di Atene non riesce più ad avere voce in capitolo, anche perché Cosco non è soltanto terminal operator, ma anche concessionario, cliente e fornitore di se stesso, puntando a costruire un quarto terminal. L'unico a mettersi di traverso è stato l'armatore e politico Evangelos Marinakis, proprietario tra le altre cose dell'Olympiacos, la squadra di calcio più gloriosa del Paese assieme al Panathinaikos. Marinakis ha denunciato l'esasperato espansionismo cinese, ricordando che tra i progetti più invasivi figura la costruzione di quattro hotel di lusso all'interno del porto. «La Cina non porterà nulla di buono per la Grecia - ha dichiarato al Wall Street Journal - ma ciò che più mi spaventa è l'atteggiamento disarmante del nostro governo che sta svendendo qualsiasi cosa a Jinping».

È corretto ricordare che il 60 per cento del commercio cinese avviene via mare e la Cina è leader mondiale del trasporto su nave, con una quota del 35 per cento sul traffico container. Sono numeri mostruosi, ma l'appetito di Pechino è bulimico, e le mire espansionistiche ora riguardano l'Italia. La Cosco, nel 2016, ha comprato il 40 per cento del porto di Vado Ligure per 53 milioni di euro.

L'idea è quella di creare la cosiddetta «Alleanza dei Cinque Porti» che coinvolgerà Venezia, Trieste, Ravenna, il porto sloveno di Capodistria e quello croato di Fiume.

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