Non merita di beneficiare della legge svuotacarceri. E non merita i domiciliari, né i servizi sociali. Renato Chisso, 61 anni, ex assessore regionale alle Infrastrutture del Veneto che ha patteggiato due anni e sei mesi per corruzione nell'ambito dell'inchiesta sulle tangenti Mose, secondo i giudici è «socialmente pericoloso», e pertanto gli ultimi sette mesi di pena dovrà scontarli in cella. Non si sa mai che tra le mura domestiche l'ex politico di Forza Italia riallacci rapporti con il malaffare e con imprenditori corruttori. L'ordinanza choc di carcerazione emessa dal tribunale di Sorveglianza di Venezia, con cui i carabinieri si sono presentati giovedì mattina nell'abitazione dove l'assessore era ai domiciliari, è l'inizio di un altro incubo. Che spedisce Chisso dietro le sbarre del Santa Maria Maggiore a distanza di 14 mesi dall'arresto, a giugno 2014, con l'accusa di aver ricevuto mazzette dal Consorzio Venezia Nuova e dal Gruppo Mantovani. Lui, che si è sempre dichiarato innocente, aveva scelto di patteggiare. Poi i domiciliari e l'ok dalla stessa Sorveglianza che ora lo vuole recluso, a due istanze di liberazione anticipata. Infine il cambio di rotta improvviso fa scattare la restrizione. Un fulmine a ciel sereno per il legale di Chisso, Antonio Forza, che grida all'accanimento e annuncia ricorso contro un provvedimento frutto di un «orientamento estremistico, sembra quasi che ci sia una voglia di vendetta». Nonostante la procura avesse dato parere favorevole alla prosecuzione degli arresti a domicilio, lo scorso 23 novembre, quando Chisso ha fatto richiesta di accedere al lavoro esterno per una Fondazione della Curia veneziana, il tribunale non solo l'ha respinto, ma ha riaperto all'assessore le porte del carcere. «La personalità di Chisso non può che condurre alla formulazione di un giudizio di concreta probabilità di iterazione criminosa» scrivono i giudici, sottolineando che «anche la condotta di conservazione del prezzo del reato è assolutamente riprovevole». Uno dei nodi dell'ordinanza che si ricollega al pugno duro sfoderato dai magistrati è proprio la confisca di due milioni di euro comminata all'ex assessore in sede di patteggiamento: soldi in realtà mai trovati, ma che i giudici sono convinti essere finiti su conti correnti all'estero. In cella, Chisso è in preda allo sconforto: «Mi sento perso, non me l'aspettavo, non so come reagirò si è sfogato con il suo legale - mi sembra un giustizialismo esasperato, ho paura per la mia salute».
Quando giovedì mattina è stato prelevato a casa, indossava l'apparecchio che monitora la pressione a seguito di un intervento subito al cuore. Il suo avvocato farà appello, ma di certo c'è solo che a Natale aspetterà sua moglie e sua figlia in carcere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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