Più donne e immigrati. Ecco i giovani bagnini che non ti aspetti

Gli operatori balneari: "Il mestiere cambia e la realtà è diversa dal telefilm Baywatch"

Più donne e immigrati. Ecco i giovani bagnini  che non ti aspetti

Sulle spiagge italiane occhio a fare i furbi. I playboy, finti annegati, che sulla battigia di Gijon puntavano alla respirazione bocca a bocca delle «sexy bagnine» delle Asturie, qui da noi potrebbero avere una spiacevole sorpresa. A «rianimarli» - da Nord a Sud, isole comprese - potrebbero essere infatti dei nerboruti immigrati dalla tradizionale canottiera rossa con la scritta bianca «salvataggio» sulla schiena. Per la burocrazia (che in vacanza non va mai, neppure quando è circondata da mare, sabbia sdraio e ombrelloni) sono «assistenti bagnanti», anche se non si è mai sentito uno che in difficoltà tra le onde abbia gridato «Assistente bagnante, aiuto!»; in quei drammatici momenti viene molto più spontaneo urlare «bagninooo!».

Un mestiere in profonda mutazione, almeno a giudicare dall'ultimo report stilato dal Cna Balneatori e dalle cooperative del settore. Dallo studio risulta infatti che i bagnini regolarmente assunti nel nostro Paese sono circa 11mila. Impegnati sui litorali marittimi come su fiumi e laghi interni, piscine e parchi acquatici. Le donne sono il 14%, quasi una su sette: poco meno del 7% non è nato in Italia.

«Il numero raggiunto dalle bagnine - sottolinea la ricerca - sarebbe stato incredibile ancora solo pochi anni fa. Aggiungono il tocco femminile a un'attività altamente professionale e anche rischiosa. Un plus che si sprigiona, a esempio, nella capacità di trattare i bambini, spesso loro clienti privilegiati una volta sfuggiti ai controlli degli adulti di famiglia».

La mappa regionale della diffusione delle bagnine è altrettanto sorprendente. A sfoggiare più donne occupate professionalmente nel salvamento è la Calabria (con il 21,2% di bagnine, oltre una su cinque addetti), seguita da Trentino Alto Adige (8,3%), Campania (6,5%), Emilia Romagna (6,1%) e Veneto (5,2%).

Il 6,84% dei bagnini regolarmente assunti non è nato in Italia. La diffusione dei bagnini immigrati presenta un andamento molto difforme. In Friuli Venezia Giulia rappresentano il 21,2% del totale. Sul podio salgono anche la Liguria (14,37%) e, ancor più distanziata, la Sardegna (8,77%). A seguire Veneto (7,57%) e Puglia (6,77%).

La maggiore diffusione di bagnini immigrati sul litorale è spiegata prima di tutto dalla loro provenienza: il 49% è nato nei Balcani, il 41% nell'Europa dell'Est, il 10% dal resto del mondo con una spiccata presenza (6%) dei nordafricani.

Ma, immigrati a parte, chi è il bagnino-medio italiano secondo la fotografia scattata anche da Istat e Unioncamere?

Il 76% dei bagnini conta meno di quarant'anni e il rimanente 24% ha superato gli «anta». Un'attività che attrae i giovani, quindi. Ma non i giovanissimi: solo il 14,5% dei bagnini ha meno di 24 anni.

Il 2,2% degli occupati ha un contratto a tempo indeterminato e i rimanenti sono lavoratori stagionali. Il bagnino deve aver completato la scuola dell'obbligo e frequentato un corso specializzato di alcuni mesi alla Federazione italiana nuoto o alla Società nazionale di salvamento, dal costo di circa 400 euro.

Al termine del corso di formazione si affronta un esame e, se lo si supera, si ottiene il brevetto. Il livello d'istruzione della categoria è mediamente elevato: solo il 22,6% si è fermato alla scuola dell'obbligo, il 51,4% possiede un titolo professionale e il 26% ha conseguito un diploma secondario. Non mancano gli universitari e i laureati. Teoricamente i più vicini al modello patinato del telefilm Baywatch, anche se per gli addetti ai lavori «la realtà è molto diversa dalla fiction».

Ma cosa spinge - oltre il sogno di trovare una collega con i pettorali di Pamelona Anderson - a fare il bagnino? «La passione per l'acqua, il nuoto e l'aria aperta», certo. Non trascurabile però è anche «lo stipendio medio base di 1200 euro per almeno quattro mesi all'anno, cui si aggiunge l'indennità di disoccupazione per un altro trimestre». L'ideale per non «annegare» nei debiti.

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