Piano città, l'ennesimo flop di Monti

Lo aveva sbandierato come la salvezza per l'edilizia: 2 miliardi per il rilancio dei centri urbani. A oggi erogati 7 milioni

Piano città, l'ennesimo flop di Monti

Roma - «Ci sono due miliardi circa di risorse a disposizione che, insieme all'indotto, genereranno per il settore delle costruzioni 6 miliardi, con una possibile creazione di 100mila posti di lavoro». Era il settembre del 2012 e l'allora viceministro delle Infrastrutture, Mario Ciaccia, parlava con entusiasmo del «Piano Città» varato qualche settimana prima. Si trattava della prima azione mirata alla crescita del governo Monti che, fino a quel momento, aveva riempito gli italiani di tasse. Con l'avvicinarsi della fine della legislatura e con il crescere delle ambizioni politiche, era necessario intraprendere un'azione per rendersi «simpatici».

Come molti progetti annunciati trionfalisticamente, anche questo programma si è concluso con un sostanziale nulla di fatto. Sancendo ex post l'ennesimo fallimento politico di Mario Monti. I dati del ministero delle Infrastrutture, aggiornati al 22 gennaio scorso, infatti, certificano che nell'ambito del programma «Piano Città» sono stati erogati ai Comuni solo 7,589 milioni di euro su 318 milioni di contributi assegnati. Un risultato modestissimo.

Vale la pena, però, spiegare come si sia giunti a queste cifre irrisorie dopo una partenza in pompa magna. Se ne ottiene un quadro che dimostra come in Italia tutte le strade conducano a un inferno lastricato di buone intenzioni. Il primo passo di Monti & C. fu la costituzione di una «cabina di regia» per selezionare i 28 progetti che gli enti locali avrebbero dovuto inviare entro il 7 ottobre 2012. Boom: 457 piani per un totale di oltre 12 miliardi da finanziare. Sei mesi dopo, ad aprile 2013, sulla carta avrebbe dovuto essere già tutto pronto in quanto era previsto un iter accelerato per far partire i cantieri. In teoria, la stipula di un Cvu (Contratto di valorizzazione urbana) avrebbe dovuto surrogare tutte le pastoie burocratiche che generalmente ritardano l'avvio dei cantieri per le opere pubbliche. Trattandosi di progetti dei Comuni dal costo, tutto sommato, limitato, c'era di che essere ottimisti.

E, invece, dopo oltre due anni e mezzo il pantano ha bloccato tutto. In primo luogo, la Corte dei Conti ha chiesto che le convenzioni tra i Comuni e il ministero fossero giuridicamente vincolanti con il risultato che solo nel 2014 sono stati registrati 22 atti sui 28 totali. Roma e Reggio Emilia hanno firmato la settimana scorsa, mentre Bari, Napoli, Cagliari ed Erice (provincia di Trapani) sono ancora in attesa. Il secondo problema non è meno grave del primo: se sono stati erogati pochi soldi, è anche perché le disponibilità sono limitate. Il ministero, oggi guidato da Maurizio Lupi (il responsabile è però il viceministro Riccardo Nencini), ha impegnato contributi per soli 34,5 milioni circa. Al dicastero di Porta Pia le leggi di bilancio hanno un po' ristretto le disponibilità e a questo capitolo sono stati concessi solo 10 milioni nel 2012, 24 nel 2013 e 40 milioni nel 2014.

Come al solito, chi è arrivato prima qualche denaro l'ha visto. È il caso dei sei Comuni che si sono mossi con relativo anticipo. Tra questi Firenze che ha firmato la convenzione il 17 dicembre 2013 (durante la sindacatura di Matteo Renzi) e ha già potuto usufruire di circa 2,5 milioni di euro per la riqualificazione delle Cascine su un totale di oltre 14 milioni. Il furbo Renzi è però stato battuto dall'ex sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo, che è riuscito a ottenere oltre 2,8 milioni per il capoluogo lombardo su un totale di 7,2 milioni.

A Eboli, in provincia di Salerno, sono stati destinati solo 76mila euro, relativi all'unico intervento cantierato (la prima erogazione corrisponde sempre al 10% dell'importo contrattuale).

Ecco, in Italia finisce sempre tutto così. Monti, in fondo, è già un ricordo. Ma se queste sono le premesse, il piano scuola di Renzi rischia un altro flop.

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