Antonio SignoriniRoma C'è un Paese ideale, in piena ripresa che sbatte i pugni sui tavoli di Bruxelles e dove i giovani trovano lavoro e ringraziano i governanti, il mercato immobiliare è effervescente e si pagano sempre meno tasse. Poi c'è quello reale. Con un Pil che arranca sotto il punto percentuale, mentre il resto dell'Europa viaggia a velocità doppia, i giovani scompaiono dalle statistiche della disoccupazione e la pressione fiscale resta su un livello che non ha paragoni nel mondo occidentale. Conferenza stampa di fine anno difficile per il premier Matteo Renzi, rovinata anche da alcuni nuovi dati usciti in contemporanea dall'Istat. Niente di drammatico, ma quanto basta per inceppare l'ingranaggio renziano fatto di comunicazioni turbo ottimistiche.L'Istat ha reso noto l'indice sulla fiducia di consumatori e imprese di dicembre. Il primo segna una flessione e scende a 117,6 da 118,4 del mese precedente, quando aveva raggiunto il massimo storico. In un anno è aumentato di 20 punti, quindi la fiducia resta su livelli elevati. Ma la coincidenza tra il calo e il clima generale fa pensare a un'inversione di tendenza causata dall'instabilità internazionale e anche dalla vicenda delle banche, che ha aperto incognite su uno dei cardini della vita degli italiani, cioè il risparmio. Il sospetto che non sia una svista di famiglie troppo pessimiste o il risultato delle campagne stampa dei gufi, cresce con i dati sulla fiducia delle imprese manifatturiere, scesa anche di quella anche se di poco (a 104,1 da 104,4). Pesano i timori sull'export.Più in generale l'anno che sta per finire, non sarà ricordato come quello della svolta. Il Pil nelle previsioni potrebbe attestarsi allo 0,8/0,9 per cento. Ma la crescita degli altri paesi Ue viaggia intorno all'1,6%. Siamo i peggiori in quanto a produttività.In questo contesto risulta stonato anche il trionfalismo sull'occupazione. I dati Istat sul calo della disoccupazione sono influenzati dalla crescita degli scoraggiati. Chi non cerca una occupazione non rientra nelle statistiche. In Italia sono 3 milioni. Il 13% della forza lavoro. Un dramma che ha origini lontane.Il centro studi della Fondazione ImpresaLavoro ha calcolato che dal 2008 ad oggi sono stati persi 656.911 occupati in Italia. Nel terzo trimestre c'è stato un recupero di 154mila occupati su base annua. Anche l'Istat in questo anno di non ripresa, ha registrato un aumento degli occupati. Tutti tra gli ultra 50enni. Restati al lavoro per le riforme previdenziali, non per un aumento della produttività, che ancora non c'è.
Uno scenario da austerità di fatto, che non giova nemmeno ai conti dello Stato. Il debito pubblico resta a un soffio dal record storico, a 2.211,8 miliardi di euro. Sul deficit dovremo chiedere margini di spesa a Bruxelles. Uno scenario oggettivamente favorevole ai gufi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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