Roma Il ministro Pier Carlo Padoan questa volta non ha commentato. Fino a ieri sera, gli unici a festeggiare per il cambiamento di rotta di Moody's, per i dati europei sulla fiducia e per quelli Istat a proposito di fatturato dei servizi erano dell'ex premier Matteo Renzi e, in tono minore, di quello in carica Paolo Gentiloni. La ragione è semplice. Una buona notizia come quella dell'agenzia di rating che rivede al rialzo la crescita dell'Italia (1,3% per il 2017 e il 2018 contro lo 0,8 e 1% previsti in precedenza), rischia di trasformarsi in un boomerang. Il timore del ministero dell'Economia è che si ripeta il solito disegno: i dati migliorano leggermente, si inizia a teorizzare l'esistenza di un «tesoretto» e subito arrivano raffiche ri-richieste di spesa. Il fatto che la notizia sia arrivata proprio mentre si sta compilando il menu delle misure da inserire nella legge di Bilancio per il 2018 e nel giorno della trattativa con i sindacati sulle pensioni, rende ancora più pericoloso il tutto.
Vero che Moody's ha rivisto al rialzo il Pil di tutta l'Eurozona (2,1% nel 2017 e 1,9% nel 2018) e che in prospettiva l'economia mondiale dovrebbe migliorare un po' ovunque. Vero che restiamo il fanalino di coda del Vecchio Continente. Ma un giudizio positivo, importante per i mercati ieri c'è stato.
Oltre all'agenzia di rating, ieri sono arrivate buone notizie anche dall'indice del sentimento economico dell'area euro che ha raggiunto il livello più alto in oltre dieci anni. L'Italia è il Paese che ha registrato il maggior incremento con un 3,6 contro l'1,7 della Francia, l'1,4 della Spagna e il meno 0,6 della Germania. Anche l'Istat ha sfornato una serie di dati positivi. Nel secondo trimestre dell'anno il fatturato nei servizi è aumentato dello 0,7% rispetto al trimestre precedente e del 2,7% su base annua.
Ieri, il primo a commentare è stato il segretario del Pd Matteo Renzi. Ha detto che «il tempo è galantuomo. Adesso avanti!». Tradotto: avevo ragione io, la prossima legge di Bilancio deve comprendere misure espansive. La crescita viene prima del rispetto dei vincoli europei, che restano invece la principale preoccupazione di Padoan.
Gentiloni ha commentato con un sobrio: «Risultati positivi che fanno crescere la fiducia nella nostra economia. Impegno perché più fiducia significhi più lavoro». Tradotto, oltre alla decontribuzione non ci sarà nulla.
Gli uffici del ministero stanno mettendo a punto le misure da inserire nella manovra autunnale. Le pressioni della maggioranza sull'esecutivo sono forti. Sono tornati in campo anche i sindacati, ad esempio con il tavolo di ieri sulle pensioni.
Il governo si è presentato con l'annunciato piano di garanzia per le pensioni dei giovani che avranno una rendita calcolata interamente con il sistema contributivo. Un assegno minimo di 650 euro se i contributi versati non sono sufficienti. Di fatto un piano che riguarda il futuro e per questo interessa poco i sindacati («insoddisfatti» a fine incontro) che avrebbero invece voluto risposte concrete sull'automatismo farà salire a 67 anni il ritiro nel 2018 e arriverà, in prospettiva, a 70 anni.
Su questo nessuna risposta dal governo. Per il momento l'offensiva di maggioranza e sindacati è stata fermata. Ma presto arriveranno altre richieste e pressioni, quando il Pil in salita farà sognare un tesoretto da spendere.AnSig
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.