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Il Pnrr ha bisogno di un'accelerata

La Corte dei Conti: "Pubblica amministrazione inadeguata, obiettivi a rischio"

Il Pnrr ha bisogno di un'accelerata

Il tema, finora, è rimasto sullo sfondo della campagna elettorale. Ieri, invece, la Corte dei Conte ha rimesso il Pnrr al centro del dibattito politico ma sulla base di un'analisi di impatto che prescinde dall'impegno degli schieramenti a realizzare l'opera avviata dal governo Draghi.

I magistrati contabili hanno valutato lo stato di attuazione di 31 dei 45 interventi previsti dal Piano nel primo semestre 2022. «Malgrado il dato formale positivo, nei settori esaminati sono emerse sostanziali criticità» soprattutto alla luce del quadro economico-finanziario peggiorato rispetto alle previsioni iniziali, che ha generato incertezza e portato ad un rialzo dei costi di realizzazione di alcuni progetti. In tale prospettiva, la Corte ha sottolineato «il permanere di difficoltà notevoli nella capacità di spesa delle singole amministrazioni». Questo è il primo problema con il quale il nuovo governo dovrà confrontarsi: l'aumento dei costi delle materie prime fa crescere la spesa per le infrastrutture e, dunque, limita la ricaduta positiva delle stesse sul Pil. Insomma, se il caro-prezzi non si attenuerà, l'incidenza sull'economia. Per altro, il Def ha già tagliato dal +3,6 al +3,2% l'effetto positivo cumulato sul prodotto interno lordo al 2026.

Il secondo problema è «la capacità di spesa delle singole amministrazioni». Un chiaro riferimento alla carenza di personale qualificato che ancora non è stata del tutto colmata anche se il nuovo portale «Capacity Italy» che fornisce alla Pa il supporto di Cdp, Invitalia e Mediocredito Centrale sarà sicuramente d'aiuto. Resta il fatto che al Sud si impiegano in media 450 giorni in più per la realizzazione dei progetti infrastrutturali. In ogni caso, è proprio sulla capacità di spesa che il Paese sembra imballato. Nel 2021 è stato impiegato solo il 37,2% delle risorse disponibili.

La terza questione, infine, è legata al post-Pnrr. Alla conclusione del Piano, osserva la Corte, «sarà fondamentale garantire la stabilizzazione dei flussi finanziari destinati alle amministrazioni, anche per evitare la messa in sofferenza delle imprese che hanno tarato organizzazione e strategie aziendali sull'attuale entità degli stimoli economici e finanziari». Il messaggio è chiaro: ricevuti i 21 miliardi della prima tranche 2022 e, probabilmente messi in cantiere i 19 miliardi per la seconda parte dell'anno, sarà fondamentale spendere i restanti 125 miliardi dei prossimi 4 anni per garantire quel minimo di crescita necessaria ad alimentare, seppur parzialmente, strutture «pesanti».

Il centrodestra (e anche al centrosinistra) sono chiamati a una riflessione sull'opportunità di tarare gli investimenti, ben sapendo che il Piano non si può cambiare ma che sarebbe anche inutile realizzare cattedrali nel deserto. Ad esempio, ieri l'infettivologo Matteo Bassetti ha criticato il piano «Case e ospedali di comunità» del ministro della Salute Speranza. Si tratta di 400 presidi sanitari territoriali per non intasare gli ospedali per i quali è prevista la spesa di un miliardo. Il problema è che per farli funzionare serve un aumento della dotazione di personale medico-sanitario la cui assunzione richiederebbe almeno un altro paio di miliardi complessivamente.

Il «baco» del Pnrr è questo: se gli ospedali di comunità non si realizzano, si perdono i finanziamenti ma se non ci sarà personale sufficiente, il progetto è destinato comunque a fallire.

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