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Politica, economia e storia: così nasce l'asse Putin-Trump

Il presidente russo appoggia apertamente il candidato repubblicano. Tra i due ci sono tanti interessi comuni. Il capo della campagna di Trum, Paul Manafort, molto amico di Mosca

Politica, economia e storia: così nasce l'asse  Putin-Trump

Finita la guerra fredda nel 1992, non ci volle molto per rendersi conto che lo scontro fra occidente americano e oriente russo non era affatto terminato e non lo sarebbe stato per decenni. Si parlò già nei primi anni Duemila di una «seconda guerra fredda» che non aveva più nulla a che fare con lo scontro fra capitalismo e marxismo. Ciò che è accaduto in questi giorni a Philadelphia e che accade nelle stanze del reciproco monitoraggio fra russi e americani, mostra la virulenza dello scontro e la sua relativa intimità.

C'è prima di tutto una verità che tendiamo a trascurare: i russi, salvo frange, sono schierati in blocco con Vladimir Putin benché sia nota la sua provenienza dalle file del Kgb. Quando le armate hitleriane si infransero sulla difesa di Stalingrado, furono sconfitte non soltanto da un esercito ma da un popolo compattissimo al di là di qualsiasi ideologia. Fu per questo che Stalin chiamò quell'immane conflitto «Grande Guerra Patriottica». Gli americani, al contrario, non sono un popolo unito dall'identità, dalla storia, lingua e tradizione. Non lo erano ai tempi della guerra civile non lo sono oggi quando il meticciato delle etnicità impone ad ogni politico una via crucis per chiedere il sostegno dei latinos cubani, di quelli messicani, degli asiatici, degli afroamericani, dei portoricani, dell'upper e middle class, del Sud ex confederato e del Nord della cintura industriale, di Silicon Valley e dei baluardi della cultura scientifica.

La guerra fredda in America fu costretta a sostenersi su un enorme apparato ideologico e propagandistico per lasciarsi alle spalle il passato di una militanza diffusissima degli intellettuali nel Partito comunista americano, di strettissima ortodossia staliniana. Ma oggi su che cosa si può fondare in America una leva psicologica antirussa? Per i russi è più facile: gli americani restano gli arroganti detentori della tecnologia, ma alla prova dei fatti sono tigri di carta.

Il capo della campagna di Trump è Paul Manafort, italoamericano, molto amico dei russi, loro portavoce in Ucraina e oggi sotto inchiesta per le sue attività affaristiche in quel Paese: la campagna elettorale americana ha già varcato i confini della politica per entrare in quelli della geopolitica.

Oggi lo scontro di tipo totalmente nuovo (la Russia che vuol eleggere il «suo» presidente americano) è avvertito da tutti, con un massiccio spostamento di consensi verso il polo russo, sia dalla destra che dalla sinistra, come sta accadendo anche in Italia. Manca all'appello l'Europa del Nord e in particolare mancano i Paesi Baltici e la Polonia che ha un passato storico tormentatissimo con la Russia: meno di un secolo fa, nel 1919, la Polonia inflisse una sconfitta umiliante all'Armata Rossa che per questo fu poi purgata da Stalin con circa un milione di esecuzioni. Poi fu invasa e assoggettata fino all'intervento di Karol Woytjla.

Pochi ricordano che in questo momento l'Europa del Nord è pattugliata da alcune brigate corazzate composte da ungheresi, americani e inglesi che fanno da deterrente contro i temuti colpi di mano russi: finora - da più di un secolo a questa parte le potenze di lingua inglese si sono schierate contro ogni allargamento dell'influenza russa e hanno dato il loro contributo per mantenere viva l'inimicizia fra Russia e Cina fin dai tempi del presidente Richard Nixon che chiuse la guerra del Vietnam aperta dai democratici Kennedy e Johnson, per aprire a Pechino in funzione antirussa. Quando cadde l'impero sovietico, per un motu proprio del presidente Boris Eltsin, le repubbliche che avevano fatto parte dell'Unione diventarono libere di fare affari in proprio con i loro campi petroliferi, sicché americani e inglesi pensarono che l'antico impero fosse definitivamente distrutto e cantarono vittoria. Ma era troppo presto. Oggi Trump ha invertito di centottanta gradi il mainstream della politica americana, rovesciando le premesse: perché spendere fortune per chiudere i russi in una gabbia, quando possiamo farci affari insieme? Ma per poter fare affari con la Russia occorre che prima venga spazzata via la «vecchia scuola» fatta sia di democratici che di repubblicani, per i quali i russi sono potenziali nemici sempre e comunque.

Quando iniziò la campagna per le primarie americane, chiesero a Putin qual era il suo candidato preferito e la risposta fu tutt'altro che diplomatica: «È Donald Trump disse». Trump commosso ringraziò e riconobbe a Putin il titolo di «presidente unanimemente rispettato».

L'hackeraggio delle email è soltanto una coda tecnologica di un'alleanza totalmente nuova nella storia americana e anche russa.

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