Il popolo No Pass in ritirata. Soliti slogan e piazze vuote

Dopo gli 8 arresti tra i "Guerrieri", si rivela un mezzo flop la protesta organizzata su Telegram in 120 città

Il popolo No Pass in ritirata. Soliti slogan e piazze vuote

Roma. I negazionisti del Covid scendono in piazza. Il «popolo» del No Green Pass ha sfilato, ieri pomeriggio, in 120 città italiane. Queste, almeno, le intenzioni degli organizzatori, Forza Nuova in testa, sostenuti dagli oltre 42mila iscritti al canale Telegram «Basta Dittatura!». Dopo la minaccia del blocco dei treni alle stazioni, altro flop dei no vax. Sarà stato anche l'effetto dell'inchiesta della Procura di Milano e degli otto arresti avvenuti in settimana fra i «Guerrieri» armati pronti a compiere attentati. Di fatto la prima delle manifestazioni pianificate per il sabato in tutt'Italia non è andata come avrebbero voluto i più convinti.

A Treviso, tanto per fare un esempio, la piazza era deserta, complice, secondo i «guerrieri», di un cambio di programma dell'ultim'ora. «È una vergogna. Hanno spostato la piazza e qui non c'è nessuno» postano sui social. A Roma c'è persino chi, alle prime gocce di pioggia, ha pensato bene di fare una «scappata» nella vicina via del Corso per lo shopping del sabato pomeriggio. Tant'è.

Intanto qualcuno posta sul social russo, sempre su uno dei gruppi «Basta Dittatura!» il prezzo da pagare per non vaccinarsi contro il Covid19 e ottenere, comunque, il Green Pass: 150 euro «da versarsi solo ed esclusivamente in BitCoin», per info @matteoo0021 si legge. Non mancano le minacce dei «leoni da tastiera»: Speranza è l'ultimo a morire», scrive un fantomatico Prozac.

Momenti di tensione a Torino, calma piatta, dunque, a Roma, agitati ma non troppo a Milano. Nel capoluogo lombardo il numero più alto dei contestatori, cinquemila secondo fonti ufficiali, radunati in piazza Fontana e in piazza Duomo, da dove hanno sfilato fino alla Scala e per le vie del centro. «Non siamo terroristi», «Il lavoro non si tocca», «Giù le mani dai bambini», «Milano non si piega» gli slogan più gettonati. Tra i presenti il senatore Gianluigi Paragone, candidato sindaco nel capoluogo meneghino con Italexit. «È la prima volta che vengo a Milano ma la fame di diritti è la stessa di altre città. Oggi è l'11 settembre e quelle libertà sono minacciate dall'ipocrisia sul green pass» sostiene. Non mancano cori da stadio, sempre a Milano, con «giornalista terrorista» in testa, coniato paradossalmente dal leader di Forza Nuova Giuliano Castellino, sorvegliato speciale, indagato e processato per aggressione (proprio a giornalisti), droga e truffa (al Ministero della Sanità).

Sorvegliati a vista da agenti in tenuta antisommossa, poliziotti del reparto mobile della polizia, pronti ad affrontare, manganello e scudo protettivo alla mano, ogni tentativo di «uscire» dal corteo dei più scalmanati. Slogan e striscioni contro i politici. E se a Milano sono presi di mira il sindaco Sala e il premier, «Draghi Draghi vaff», a Torino se la prendono con Giuseppe Conte, «Conte Traditore, Torino Non Ti Vuole» si legge sullo striscione che apre il corteo.

Conte, del resto, se l'è cercata direbbe qualcuno, visto che mentre partiva la manifestazione l'ex presidente del Consiglio era al Mercato centrale accompagnato dalla candidata sindaca M5S Valentina Sganga, dall'attuale sindaco Chiara Appendino e dall'ex ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina.

Sempre a Torino tensione al corteo mentre i manifestanti sfilano su via Po. Qui un gruppo di alcune centinaia di persone, forse un migliaio, sfonda il cordone della polizia per deviare su via Accademia delle Scienze. Calci e spintoni agli agenti che non sono riusciti a contenere la folla inferocita. Fortunatamente, evitando cariche, le forze dell'ordine riportano il gruppo alla calma all'ingresso di piazza Carlo Alberto, dove si schierano i blindati pronti a disperdere i più agitati. Altri minuti di tensione e il corteo riparte per via Po, passando davanti a Palazzo Nuovo, storica sede delle facoltà umanistiche dell'Università, per dirigersi su corso San Maurizio.

Proteste messe in atto il giorno in cui anche la Chiesa, per bocca del cardinale Pietro Parolin, fa sentire la sua voce condannando qualsiasi forma di azione violenta e ribadendo che vaccinarsi «è un atto di responsabilità».

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