Il porto di Ostia sotto sequestro: arrestati il patron e tre suoi uomini

RomaAncora guai per la Capitale, proprio l'indomani dell'insediamento della nuova giunta Marino. Il porto turistico di Roma, ad Ostia, 840 posti barca e 16 pontili dove spesso attraccano i super-yacht di vip ed emiri arabi di passaggio nella città eterna, è stato sequestrato dalla magistratura e il suo presidente, l'imprenditore Mauro Balini, 50 anni, arrestato assieme a tre collaboratori, Sergio Capograssi, Massimo Amicucci e Edoardo Sodano, per associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e altri reati (nove sono invece gli indagati a piede libero).

I finanzieri hanno sequestrato anche 1.300 beni demaniali tra posti barca, parcheggi, immobili e aree portuali, oltre a quote societarie e conti correnti. Per un valore di 400 milioni di euro. Seppur sotto sequestro, l'attività del porto continuerà regolarmente perché il procuratore aggiunto Nello Rossi, che ha coordinato le indagini avviate tre anni fa, ha già nominato due amministratori giudiziari.

Ma chi è Balini? Rampollo di una delle più note famiglie del litorale romano che da sempre gestiscono gli stabilimenti balneari più famosi di Ostia e nipote di Vittorio, un ex bagnino, morto nel 2000, che fece fortuna acquistando negli Stati Uniti i diritti Tv di centinaia di film e telefilm poi rivenduti a Cecchi Gori e Berlusconi, il suo nome era già spuntato tra le carte di Mafia Capitale. Il direttore dei lavori del porto di Roma, infatti, Paolo Solvi, è finito ai domiciliari mesi fa perché avrebbe ricevuto indirettamente denaro dal gruppo di Salvatore Buzzi in cambio dell'assegnazione di un appalto. Balini venne anche sfiorato da un'altra maxi-inchiesta, che due anni fa decapitò i vertici delle famiglie mafiose del litorale. Anche se finora non era mai stato neppure indagato, la Dda all'epoca scrisse che «Balini era in interessenze inquietanti con ambienti malavitosi». Ieri all'alba i finanzieri gli hanno presentato il conto. La Procura ritiene che Balini e i suoi complici abbiano scientemente portato al fallimento la Ati Spa, la società che aveva curato la realizzazione del porto, e che sino al 2008 era concessionaria della struttura. Partendo dalla denuncia di una banca tedesca che vantava un credito di 25 milioni, i pm hanno ricostruito lo schema societario attraverso il quale, grazie a prestanome e «società schermo», Balini&Co avrebbero svuotato le casse dell'Ati dirottando i soldi su società riconducibili al patron. Parte di quel denaro sarebbe stato utilizzato dal presidente del porto per comprare un prestigioso attico sul litorale e, in leasing, un catamarano di 20 metri. Il gip Maria Grazia Giammarinaro è durissima con Balini. Lo ritiene «il terminale di interessi criminali» e considera elevato il pericolo di reiterazione dei reati soprattutto in relazione «ai suoi agganci politici al Comune di Roma, necessari per l'ottenimento di concessioni e atti amministrativi funzionali all'esecuzione del programma criminoso».

Rapporti con la giunta precedente, ma anche qualche screzio con quella attuale. In particolare il gip riporta per intero una mail con cui Balini chiede l'intervento di Francesco D'Ausilio, capogruppo Pd al Comune, al quale comunica in tono minaccioso l'intenzione di denunciare Marino.

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