RomaSu Italicum e riforme si gioca una partita a scacchi con la clessidra ben in vista sul tavolo. Una partita complessa che riguarda anche il Quirinale e che vede Berlusconi centrale. Il Cavaliere si appassiona poco ai tecnicismi della legge elettorale ma sul post Napolitano vuole dire - e dirà - la sua. Già ieri è stato costretto a smentire ufficialmente una ricostruzione giornalistica di Repubblica secondo cui l'ex premier non avrebbe posto veti neppure su Romano Prodi: «Ancora una volta leggiamo ricostruzioni a dir poco fantasiose che disegnano scenari mai ipotizzati dal presidente Berlusconi sul Quirinale e sulla attuale situazione politica - dice una secca nota - Quanto riportato è quindi frutto esclusivo dell'immaginazione del redattore e non rappresenta in alcun modo la realtà».
Di vero c'è soltanto che il Cavaliere si aspetta di essere coinvolto nell'elezione del prossimo capo dello Stato. In cambio non metterà i bastoni tra le ruote a Renzi su temi che a quest'ultimo stanno molto a cuore: riforme e legge elettorale. Il premier, su questi due provvedimenti, ha l'«incubo orologio»: il tempo passa e non vuole finire impantanato in un Parlamento che, poi, diventerà il campo di battaglia per scegliere il prossimo inquilino del Colle. I piani di Renzi: portare a casa le riforme, ora al vaglio di Montecitorio, entro il 20-25 gennaio. Poi c'è il nodo Italicum, adesso in Senato. Si parte con la discussione il 7 gennaio e la speranza è di chiudere la partita in due settimane: entro fine gennaio, pertanto. Qui il premier rischia grosso perché sono già impilati migliaia di emendamenti, tutti da discutere in Aula. L'agguato, quindi, è dietro l'angolo; e i maggiori timori arrivano soprattutto dalla minoranza dem che potrebbe impallinare la legge sul nodo delle preferenze. Non a caso il capogruppo del Pd, Luigi Zanda, ha avvertito: «Nessun emendamento strampalato o salta tutto». Messaggio rivolto più che altro ai suoi, piuttosto che ai berlusconiani. Ai quali, invece, interessa un'altra cosa: la norma di salvaguardia, vale a dire l'impegno scritto che l'Italicum entrerà in vigore nel 2016 e non prima. Ergo, niente elezioni a breve. Renzi è disposto a concederla ma soltanto dopo aver incassato il «sì» a tutto il resto.
Insomma, la partita è complicatissima e si gioca soprattutto sul tempo. Un fattore, questo, che impensierisce molto più il premier che non Berlusconi. Anche perché, presumendo che le dimissioni di Napolitano possano arrivare attorno al 14 gennaio, poi devono passare altri 15 giorni prima che il Parlamento si blocchi per dare inizio alle votazioni per il nuovo capo dello Stato. Un fine gennaio caldo, rovente, dove il premier si gioca moltissimo.
Berlusconi è disposto a non fare sgambetti a
patto di rimanere nella partita-Quirinale, contribuire a far nascere la nuova Repubblica ma soprattutto - una volta riabilitato completamente - poter essere ancora in campo per sfidare Renzi. Per la sua ultima battaglia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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