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Il premier e sei ministri indagati per il lockdown. Ma si punta ad archiviare

La Procura di Roma apre un fascicolo sulla gestione dell'emergenza. Conte: "Abbiamo agito con coscienza"

Il premier e sei ministri indagati per il lockdown. Ma si punta ad archiviare

Un armadio zeppo di carte e denunce. Per la Procura di Roma, che ha esaminato gli esposti giunti da varie parti d'Italia, le notizie di reato sono evanescenti. Ma intanto la macchina giudiziaria si mette in moto e mezzo governo è raggiunto da avvisi di garanzia, sia pure alla voce atto dovuto. Sono indagati il presidente del consiglio Giuseppe Conte e sei ministri che con lui hanno condiviso la gestione dell'emergenza Covid: Luciana Lamorgese, Roberto Speranza, Roberto Gualtieri, Lorenzo Guerini, Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede. Un parterre assi affollato.

I promotori dei dossier - fra cui il Codacons e l'avvocato Carlo Taormina - ipotizzano comportamenti gravissimi: epidemia, omicidio colposo, delitti colposi, attentato ai diritti del cittadino, abuso d'ufficio, ma già l'eterogeneità delle accuse fa capire che difficilmente si andrà oltre i titoli dei giornali.

Siamo insomma su un terreno sterminato: nei circa duecento documenti pervenuti in procura c'è di tutto, anche contestazioni in qualche modo sovrapponibili a quelle delle grandi indagini in corso, come quella della procura di Bergamo sulla mancata istituzione della zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro, indagine che fra l'altro (vedi altro articolo) potrebbe pure chiudersi con una richiesta di archiviazione, proprio per la difficoltà di leggere con la lente del codice penale i comportamenti di quei mesi difficili e frenetici.

Due, comunque, sono i filoni principali: c'è chi ritiene che il governo abbia fatto troppo poco per contenere il contagio e chi invece pensa che il lockdown sia stato sproporzionato rispetto agli eventi accaduti e abbia compromesso la libertà dei cittadini.

Un mare magnum di capi d'accusa che spesso si ripetono. In più, a complicare le cose c'è la procedura. Complessa e anzi a tratti contorta.

Le carte passano al tribunale dei ministri che farà le sue indagini e valutazioni: la procura chiede l'archiviazione perchè la «notizia è infondata», ma i giudici potrebbero decidere diversamente e bussare al Parlamento per ottenere l'autorizzazione a procedere.

Proprio come è successo con Salvini sulle navi dei migranti. In questo caso il tribunale dei ministri si rivolgerebbe al Senato perché questa è la strada con un premier non parlamentare come Conte.

Ma si tratta di teorie: l'impressione è che il tribunale dei ministri seguirà a ruota la procura e cestinerà i voluminosi incartamenti.

«Ci siamo sempre assunti la responsabilità, in primis politica - scrive il capo del governo su Facebook - delle decisioni adottate. Decisioni molto impegnative, a volte sofferte, assunte senza disporre di un manuale, di linee guida, di protocolli di azione. Abbiamo agito con scienza e coscienza, senza la pretesa di essere infallibili ma nella consapevolezza di dover sbagliare il meno possibile per preservare al meglio gli interessi dell'intera comunità nazionale».

Ora quei passaggi vengono ritenuti da numerosi cittadini non rispettosi della legge. «Le accuse - nota ancora Conte - sono state le più varie. Alcuni ci hanno accusato di aver adottato misure restrittive, altri ci hanno accusato di non aver adottato misure sufficienti o di averle adottate troppo tardi».

Un calderone che non sembra destinato a scuotere la navigazione della maggioranza.

Ma Taormina apre subito le polemiche: «Noto che la procura ha trasmesso le carte proponendo l'archiviazione, ma il tribunale è autonomo ed è l'unico investito di ogni potere».

Ora tocca al collegio. Ma è improbabile che si arrivi fino a Palazzo Madama

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