Il premier elicotterista vuole farci pagare la campagna elettorale

Ecco i vantaggi di un presidente del Consiglio uscente che resta in carica fino alle elezioni

Il premier elicotterista vuole farci pagare la campagna elettorale

Che cosa accadrebbe nell'eventualità in cui la maggioranza a guida Pd alle Camere non se la sentisse di appoggiare un nuovo esecutivo? Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella dovrebbe scioglierle e decretare che si andrà al voto, presumibilmente nel mese di febbraio. E chi guiderebbe il Paese fino a quel momento? Naturalmente Matteo Renzi e i suoi ministri, gli stessi del governo dimissionario, dalla Boschi fino ad Alfano, dalla Pinotti fino a Padoan.

Un'ipotesi non certo ben vista dalle opposizioni perché nel frattempo l'Italia e gli italiani sarebbero nuovamente in balia di quello stesso governo contro il quale, esprimendo il 60 per cento dei «No» nell'ambito della consultazione referendaria, si sono graniticamente schierati.

Ma, soprattutto, gli oppositori di Renzi (probabilmente anche quelli che cercano di resistere nello stesso partito del capo del governo) avrebbero tutte le ragioni per infuriarsi a causa del fatto che durante la prossima campagna elettorale l'ex premier fenomeno e i ministri del suo esecutivo non sarebbero soggetti alla par condicio e godrebbero quindi di spazi televisivi preclusi alle forze politiche che concorrono alle elezioni legislative. Certo, pensando ai clienti di Banca Etruria messi sul lastrico dal decreto salva banche o alle forze di polizia colpite dai tagli al comparto sicurezza o ai militari che hanno protestato contro l'ultima riforma delle loro carriere, la sovraesposizione radiotelevisiva può essere anche un boomerang per Renzi il suo governo. Ma nel dubbio, ritengono giustamente le opposizioni, sarebbe meglio evitarla.

Ma c'è anche un altro rischio, strettamente connesso al primo. Se Renzi e il suo governo restassero in sella è plausibile che il premier faccia nuovamente campagna elettorale, questa volta per le Politiche, a spese del contribuente. Non si tratta certo di ricordare l'invio di lettere con l'invito di votare «Sì» agli italiani all'estero, per cui Renzi ha promesso querele a chiunque facesse insinuazioni, perché quelle sono state pagate, secondo recenti dichiarazioni, coi soldi dei partiti schierati per approvare la riforma costituzionale. Semmai di rammentare l'uso da parte del premier di mezzi di Stato, quindi pagati coi soldi degli italiani, per la sua campagna elettorale a favore del «Sì». Si potrà ricordare il volo in cinque tappe in Sudamerica del ministro per le Riforme costituzionali, Maria Elena Boschi, nel mese di settembre. Ci fece spendere 300mila euro.

Replicò proprio Matteo Renzi, che il 22 ottobre prese un elicottero di Stato per volare da Messina a Reggio Calabria, sempre nell'ambito della campagna elettorale o che il 19 novembre privò il Sud Italia dell'elicottero Sar (Search and rescue) dell'Aeronautica militare per farsi un giro tra Potenza, Matera e Caserta alla ricerca di consensi elettorali. Un vizietto che il premier non ha perso dopo il voletto, sempre in elicottero di Stato, che nel maggio 2015 fece tra Bolzano e Trento, portandosi dietro esponenti locali del Pd, in occasione delle elezioni regionali. Un viaggio che costò all'epoca la critica dei parlamentari M5S, che sui fatti presentarono un'interrogazione. Insomma, di motivi per esprimere serie preoccupazioni, in caso di permanenza al governo di Renzi e i suoi ministri gli italiani ne hanno fin troppi. Anche perché, è bene ricordarlo, nei mille giorni del suo governo il premier è riuscito anche a prendere in leasing un super aereo di Stato, facendo sborsare al contribuente 167 milioni 500mila euro per un velivolo che sul mercato non ne costerebbe più di 50.

Chissà che di qui a febbraio, mese in cui anche per

Alfano sarebbe plausibile andare a votare, non gli venga in mente di comprarne un altro, magari da tenere fermo come l'altro a Fiumicino per sponsorizzare, colorandone la livrea, se stesso e il suo partito alle Politiche.

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