Economia

Prepariamoci a rinunciare al lusso del "low cost"

Che bello stare a casa nella propria intimità con quattro amici, passare una bella serata e farsi portare la cena. A volte è bello andare a cena fuori, ma certe sere di pioggia proprio no

Prepariamoci a rinunciare al lusso del "low cost"

Che bello stare a casa nella propria intimità con quattro amici, passare una bella serata e farsi portare la cena. A volte è bello andare a cena fuori, ma certe sere di pioggia proprio no. Già il parcheggio è un problema, e poi tutta quella gente. Per non dire che se si organizza all'ultimo minuto senza prenotazione nemmeno ti fanno entrare. No, la cosa migliore è godersi la compagnia tra le mura domestiche, con la musica giusta e tutti i confort. Un vero lusso, diciamolo. Solo cinque anni fa non sarebbe stato possibile, ma adesso sì. Adesso siamo più ricchi e possiamo permetterci questa coccola? No, per niente. Anzi, forse soldi ne girano anche meno. Ma non ne servono poi tanti. Questo è il lusso a buon mercato. Siamo riusciti a trasformare il rame in oro, con pochi ingredienti e una ricetta semplice. Prendi una app che tenga insieme domanda, offerta e consegna e aggiungi quanto basta di disperati senza lavoro ma con bicicletta e cellulare. Da un mese questo far west è regolamentato da un contratto che, oltre a una retribuzione minima, protegge dal caporalato e garantisce un'assicurazione antinfortunistica. Poteva essere migliore ma l'alternativa era il nulla, dopo che CGIL, CISL e UIL, i supereroi col gettone telefonico, avevano fatto saltare il tavolo. Insistevano sul rapporto di tipo subordinato, non capendo la realtà del nuovo servizio, fatto di occasionalità di domanda e offerta. Ora stanno schiumando di rabbia e insieme al ministero del Lavoro vorrebbero far annullare il contratto. Però il vero punto è un altro. Non si può pretendere di fare i principi e ricevere la cena a casa pagandola due spiccioli. Vivere nel lusso va bene, a patto che lo paghi. Perché se lo paghi magari finisce che la cena te la porta uno in macchina e fanno 20 euro, grazie. Che sarebbe ancora un prezzo abbordabile, sempre che qualcuno fosse capace di venderlo. Quelli del marketing negli anni '80 lo erano. Giravano e rigiravano l'offerta fino a trovare il modo di farsela pagare dal cliente quel tanto in più. Poi sono arrivati i geni della finanza e hanno pensato che quel marketing costasse tanto e non producesse niente. Ora l'unica leva conosciuta è il prezzo basso. Che funziona, per carità, sempre che poi in fondo ci sia uno a pedalare sotto la pioggia per pochi euro, meno della mancia che lasceresti al cameriere in pizzeria. Perché una cosa dev'essere ben chiara: quando si produce meno valore, è sempre la fetta del più debole che viene a mancare. Quando sale a casa tutto bagnato, il pensiero ti viene, se il poveraccio sia lui oppure tu, che vuoi fare il principe con le scarpe rotte. Per fortuna siamo gente moderna e colta e abbiamo la risposta: questa è la gig economy, un pezzo di futuro che noi avanguardia stiamo già sperimentando. Niente a che vedere con schifezze tipo il caporalato o addirittura la schiavitù, che abbiamo abolito secoli fa, seppure con qualche ritardatario a stelle-e-strisce.

Già che c'eravamo, potevamo abolire pure gli schiavi.

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