Un incidente. O un giallo internazionale, una specie di altro caso Mattei progettato nella rarefatta atmosfera dei grandi intrighi politico-finanzari. Quelli per i quali in genere non c'è inchiesta che tenga, perché in qualsiasi direzione si volgano i fari delle indagini, quando gli «incidenti» siano stati organizzati da professionisti, prima o poi la luce andrà a sbattere contro un muro di cemento armato.
Finirà così, c'è da temere, anche per la strana morte del presidente e direttore generale della Total, Christophe de Margerie , 63 anni, l'Enrico Mattei francese, morto insieme con i tre membri dell'equipaggio in un incidente aereo nella notte tra lunedì e martedì all'aeroporto Vnukovo di Mosca. De Margerie lunedì era in Russia in visita ufficiale: a Gorki aveva partecipato a una riunione dei maggiori investitori esteri con il premier Dmitri Medvedev. E il fatto che da sempre si fosse dichiarato contrario alle sanzioni economiche dell'Occidente contro Mosca per il suo ruolo nella crisi ucraina non fa che accentuare i colori del giallo. De Margerie, ovvero il «grande baffo», come lo chiamavano a Parigi per via di quei curiosi, anacronistici spazzolini che ne presidiavano il volto largo e solenne, punito per sempre.
Dicono che sull'aeroporto di Mosca, all'ora dell'incidente, gravasse uno spesso strato di nebbia, e che l'autista della ruspa contro cui è andato a sbattere il Falcon di de Margerie fosse ubriaco. Una combinazione di elementi perfetta, come si vede. Proprio come fu nel caso di Enrico Mattei, il presidente dell'Eni morto il 27 ottobre 1962 in uno schianto a Bascapè, in provincia di Pavia. Che all'origine dell'incidente in cui venne coinvolto Mattei ci fosse il suo fortunato protagonismo nel riservatissimo salotto del petrolio mondiale, governato dalle «Sette Sorelle» americane, molti lo pensarono. Ma si dovette aspettare il 2005 perché sul relitto dell'aereo e sull'anello e l'orologio di Mattei si trovassero tracce di un esplosivo. Una bomba a bordo, dunque, come avevano raccontato quei contadini che prima dello schianto sulla pianura pavese sentirono un'esplosione, nel cielo.
Cieli tragici per macchine volanti facili da sabotare, e verità difficili da ricostruire. Come quelle che hanno costellato un passato non sempre recente, e che hanno visto coinvolti uomini di potere che hanno perso la vita in circostanze che sempre hanno fatto pensare a trame oscure.
Fu così anche nel caso dell'ex presidente della Repubblica di Polonia Lech Aleksander Kaczynski, morto il 10 aprile 2010 a bordo di un Tupolev Tu-154 che tentava di atterrare alla base aerea di Smolensk in Russia, dove si stava recando per commemorare l'anniversario del Massacro di Katy?. Ma fu così anche per Fritz Todt, gerarca nazista e ingegnere che inventò le Autobahn, le autostrade tedesche, e ministro per gli Armamenti e le Munizioni. Todt morì l'8 febbraio 1942: il suo Junkers 52 esplose poco dopo il decollo dalla base di Rastenburg, in Germania. E di attentato, certamente, morì nel settembre del 1961 il segretario delle Nazioni Unite Dag Hammarskjoeld. Quel giorno, Hammarskjoeld si stava recando in Rhodesia, oggi Zambia, per trattare un cessate il fuoco nella regione del Katanga. Dopo decenni di indagini, un pezzo di verità saltò fuori grazie alla declassificazione di alcuni telegrammi dell'ambasciatore americano in Congo.
Il suo Douglas DC-6 , sarebbe stato abbattuto da un mercenario belga, probabilmente per conto delle società minerarie della zona. Una verità (malcerta, discutibile, mai cristallina) per i tanti casi in cui il mistero rimarrà tale per sempre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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