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Processo Open Arms, i timori di Salvini: "Rischio 15 anni". E il testimone Conte lo accusa in aula

Nel bunker dell'Ucciardone, l'ex premier scarica il suo ministro: "La nave? Era competenza sua io lo sollecitai a far scendere i minori...". Ma il leader leghista contrattacca e denuncia in sei Procure il caso del sottomarino ignorato.

Processo Open Arms, i timori di Salvini: "Rischio 15 anni". E il testimone Conte lo accusa in aula

Assesta due colpi in rapida successione, come nemmeno in un incontro di boxe. Giuseppe Conte parla nell'aula bunker dell'Ucciardone di Palermo e si smarca, anzi prende le distanze da Matteo Salvini. Prima bordata: «Non mi sono mai occupato del Pos», ovvero il place of safety, insomma il porto sicuro che viene assegnato a una nave, in questo caso la Open Arms che aveva a bordo 147 profughi. «Per me la competenza era scontata, era del ministro dell'Interno», ovvero di Salvini. Rasoiata numero due: «Sollecitai il ministro Salvini a far scendere i minori a bordo della Open Arms perché secondo me era un tema da risolvere al di là di tutto».

Nell'aula bunker dell'Ucciardone, si consuma una sorta di resa dei conti e rivive lo scontro che infiammò l'agonia del moribondo governo Conte 1 nell'agosto del 2019. Salvini, presente in aula come uno scolaro diligente che prende appunti, scrive su Facebook che per questa storia, in cui è accusato di sequestro di persona, rischia fino a 15 anni di carcere, e annuncia battaglia: nei prossimi giorni il suo legale Giulia Bongiorno depositerà in sei procure una denuncia sul dossier Venuti. Il sottomarino Venuti infatti il 1 agosto di quell'estate senza requie avvistò la Open Arms al largo della Libia; furono scattate foto e girati video: in un'immagine vicino al natante si vedono due gommoni e un barchino in legno blu. Chi sono? Scafisti pronti a consegnare il loro carico umano all'Ong? Open Arms nega sdegnata, Salvini chiede accertamenti e vuole capire perché questi documenti siano rimasti sconosciuti a tutti per oltre tre anni, fino al dicembre scorso quando sono riemersi dall'ombra.

Ma Conte anche su questo punto toglie qualunque appiglio al suo ex ministro: «Non ho mai sentito parlare di terroristi a bordo di Open Arms e non mi risulta che mi abbiano detto di accordi con gli scafisti. Nessuno mi mostrò video di alcun genere». Niente di niente. Tutto il contrario di quel che sottolinea Salvini: «Confermo di essere sconcertato anche perché sono emerse solo a procedimento in corso le informazioni raccolte da un sottomarino della Marina: registrò l'attività di Open Arms nell'agosto del 2019, certificando alcune anomalie che facevano ipotizzare il traffico illegale di esseri umani».

Nulla di tutto ciò per l'ex premier che ricostruisce invece il feroce duello di quelle settimane sulle macerie dell'agonizzante governo gialloverde: «Il clima era incandescente. Il tema dell'immigrazione è sempre stato un tema di propaganda politica, e allora c'era la possibilità di una competizione elettorale che poteva essere imminente. Lui voleva rappresentare me come debole sul fenomeno immigratorio, e lui come rigoroso». Questa, per il capo dei 5 Stelle, era la posta in gioco, mentre molti scommettevano che presto si sarebbe andati alle urne. Più articolata e in qualche modo favorevole a Salvini è invece la testimonianza di Luciana Lamorgese che si insediò al Viminale il 5 settembre di quel travagliato 2019, proprio al posto del numero uno della Lega. «Durante il periodo in cui sono stata ministro - spiega Lamorgese - non ho mai negato la concessione di un porto sicuro». Poi però aggiunge: «Prima della pandemia la permanenza in mare dei migranti a bordo era di 3-4 giorni di media, poi ci sono stati dei casi che sono durati di più, anche 7 o 8». Anzi, 11 per la Ocean Viking che aspettò il via libera del Viminale dal 18 al 29 ottobre del 2019. Non sono numeri neutri. Almeno per Salvini che rilancia quelle cifre: «Rischio una condanna per il mancato sbarco della nave della ong spagnola fra il 14 e il 20 agosto 2019, nonostante Luciana Lamorgese abbia confermato di aver trattenuto gli immigrati a bordo in più di una occasione, in attesa di trovare un accordo con gli altri partner europei».

Due pesi e due misure? Domande che scandiscono una lunga giornata, chiusa dalle parole dell'allora vicepremier Di Maio: «Tutto quello che veniva fatto da Salvini era per il consenso».

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