Tra cittadini di nazionalità italiana e stranieri che hanno avuto la residenza italiana o che in Italia hanno comunque vissuto, sono in tutto 110 i foreign fighter al momento attivi tra le file degli jiahdisti. È questo, forse, il dato più significativo di una ricerca appena pubblicata sul portale dell'intelligence italiana www.sicurezzanazionale.gov.it. La ricerca poi sottolinea altri aspetti della lotta contro il terrorismo islamico dentro i nostri confini nazionali. Sono infatti 1.200 i siti internet considerati «di interesse» dai nostri esperti e quindi monitorati con regolarità. Trecento gli individui «attenzionati», di cui almeno un terzo presenta, secondo quanto si legge nella nota apparsa sul portale della sicurezza nazionale, «un profilo estremamente complesso e problematico».
Lo studio poi ricorda che sono stati espulsi dal nostro Paese 140 «possibili jihadisti» per «motivi di ordine e sicurezza pubblica» negli ultimi due anni. L'unica nota positiva riguarda il confronto con gli altri Paesi europei. Il fenomeno dei foreign fighter, si legge nel rapporto, «ha avuto finora un impatto minore sulla nostra società, specialmente se confrontato con le stime ufficiali di altri paesi dell'Europa occidentale. In passato, l'Italia è stata utilizzata dal movimento jihadista mondiale principalmente come base logistica e la composizione della rete dei mujaheddin italiani è sempre stata fluida e variegata. Si tratta di individui che hanno raramente rivestito ruoli di rilievo nei network transnazionali, specie se confrontati con reti simili in Gran Bretagna o in Francia».
Dallo studio, effettuato su un campione di 55 foreign fighter sui 110 ufficialmente inseriti nell'elenco emerge chiaramente la consapevolezza che il loro inquadramento nelle file del terrorismo internazionale avviene quando ancora sono giovanissimi e quindi senza sufficienti strumenti per «decostruire la propaganda jihadista». «Tra questi, 44 utilizzano agevolmente le nuove tecnologie informatiche, i social network e la comunicazione digitale (80%). Nove di loro possono essere considerati dei veri esperti (16,3%), confermando così la natura dell'ultima generazione jihadista transnazionale, iperconnessa, e radicalizzata in particolare attraverso il web». Un certo rilievo viene riservato poi alla «seconda generazione di immigrati musulmani»; 28 delle persone esaminate sono figli di musulmani emigrati nel nostro Paese.
Sul tema della sicurezza nazionale, è intervenuto poi anche il ministro degli Interni Marco Minniti. Parlando a Rimini, all'assemblea degli amministratori locali del Pd, ha lanciato alcune proposte: da un lato ridurre drasticamente i tempi per l'accertamento dello status di rifugiati presenti nel nostro territorio («Due anni sono troppi») e poi la necessità di stabilire una fattiva collaborazione tra le forze impegnate nella lotta al terrorismo di matrice islamica («la battaglia contro una Stato islamico si può vincere solo con un'alleanza tra Occidente e mondo arabo»). «I tempi lunghi per la valutazione dello status di rifugiato - spiega - creano uno stress nei territori che ospitano i centri di accoglienza e io non posso lasciare soli i sindaci in questo». Minniti ha quindi lanciato un appello al Pd: «Non lasciamo la parola sicurezza agli altri».
Intanto a oltre tre anni dall'inizio dell'emergenza profughi, il «modello Milano» dell'accoglienza sta per essere aggiornato. Senza identificazione, l'ospitalità sarà ridotta a una sola notte.
L'obiettivo è eliminare la «zona grigia»: migranti che circolano in città, ospitati nei centri della rete del Comune e Terzo settore, ma privi di un'identificazione ufficiale. Rimodulare l'hub di via Sammartini dietro la Stazione Centrale fa seguito a una richiesta che viene dalla Fondazione Arca, la onlus che lo gestisce e che ha chiesto a Prefettura e Comune di intervenire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.