Roma È un remake de La notte dei morti viventi, ma purtroppo a spese nostre. Coloro che pensano che le province siano scomparse o destinate a scomparire resterà tristemente deluso. Sono ancora vive finanziariamente anche se il loro decesso a livello amministrativo è stato già constatato. È quanto, in buona sintesi, dichiarato dal sottosegretario agli affari regionali, Gianclaudio Bressa, ieri in audizione presso la commissione Federalismo fiscale. «C'è la consapevolezza nel governo che il taglio da un miliardo per il 2017 porti al collasso del sistema delle Province, quindi non è possibile che sia mantenuto», ha detto aggiungendo di non essere in grado di spiegare come si «correrà ai ripari».
Bressa ha infatti spiegato che il sistema «provinciale», ancorché ridotto all'osso, costa 2,4 miliardi di euro. È necessario, perciò, continuare ad assicurargli un finanziamento. «Nell'ipotesi dell'approvazione del referendum le province scompariranno dalla Costituzione e con loro le funzioni: quindi è immaginabile che le attuali fonti di finanziamento (Rc Auto, Ipt e Tefa, tributo esercizio funzioni ambientali) non siano più tributi che vanno alle province, ma si dovrà passare necessariamente a un meccanismo di finanza derivata e trasferimenti».
Le province, ancorché trasformate in enti di area vasta dalla riforma Delrio del 2014, non sono a oggi scomparse del tutto. Continuano a esistere come istituzioni di secondo livello (come le comunità montane), gestite da sindaci e da consigli composti da amministratori locali, e svolgono tutte le loro funzioni.
In alcuni casi, il loro personale è stato trasferito a Regioni e Città metropolitane, ma la competenza su strade, scuole e cultura non è scomparsa. Scompariranno, in teoria, con la riforma Renzi-Boschi perché depennate dalla Carta ma, come ha detto Bressa, vivranno pure da morte. Alla faccia della propaganda del premier.
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