Pure i tedeschi rosicano Ma l'Expo è partito forte

Dopo l'ironia dei francesi, la stampa di Francoforte tuona contro gli sprechi. Intanto è boom di visitatori

Tedeschi rosikonen. Non se ne tengono in tasca una, proprio non ce la fanno. Dopo le sottili battutine dei francesi ora ci si mettono pure loro. Dal quotidiano Frankfurter allgemeine Zeitung arrivano stoccate all'Expo nemmeno si trattasse di una fiera di paese improvvisata dalla pro loco. «È un'orgia di spreco di materiali - scrive l'articolista - organizzata in dimensione epocale, nella quale le piantine del riso, le macchine per l'agricoltura, i chicchi del caffè vengono esposti come i pezzi migliori della fiera in una montagna di acciaio drammaticamente modellato e praticamente distorto, di legno e di vetro ricoperto di plastica». E va bene, le minipiantagioni di riso al momento non sono ancora cresciute e sembrano delle paludi, ma il resto è critica gratuita. Si arriccia il naso per edifici pensati e costruiti appositamente con materiali naturali, mai messi in piedi a caso. D'accordo, con qualche ritardo ma con precisi progetti e strategie di comunicazione.

Il lungo articolo non risparmia attacchi agli inciuci all'italiana con mafia e organizzazioni corrotte. E si dilunga sugli sprechi di una fiera che dovrebbe invece trovare una soluzione ai modi per «nutrire il pianeta». «Le organizzazioni e le aziende di 140 Paesi hanno costruito padiglioni che costano ognuno tra i dieci e i trenta milioni di euro. E in gran parte saranno demoliti dopo il 31 ottobre e sono brutti da vedere». Se il concetto di bello è soggettivo, anche quando in pista ci sono le più quotate archistar del mondo, per il resto si scrivono castronerie immani. Il villaggio di Expo non verrà demolito dopo i sei mesi di Esposizione. Una buona parte delle strutture avranno seconda vita, riadattate e trasformate, con tutta probabilità in un villaggio per studenti universitari, si vedrà in base al bando in programma per i prossimi mesi. Se i tedeschi pensano che l'area Expo faccia la fine del villaggio Olimpico di Torino si sbagliano di grosso. E anche i dati del debutto della manifestazione dovrebbero far ricacciare in gola le critiche ai giornalisti di Francoforte: i padiglioni piacciono, anche quelli di acciaio e plastica. Piacciono le riproduzioni delle piantagioni nei cluster. E poi ci sono 11 milioni di biglietti già venduti e oltre il doppio da vendere in base alle più caute previsione.

Anche la stampa italiana, per carità (noi compresi), ha puntato il dito contro i ritardi e i cantieri incompleti. Ma un conto è lavare i panni sporchi in casa propria, un altro è sentirsi criticare (senza cognizione di causa) dagli amici della Merkel. Già ci avevano provato i francesi che, con Le Monde si erano seduti in cattedra: «Expo lascerà in eredità solo il padiglione italiano - avevano scritto -. E anche l'autorità nazionale anticorruzione, ormai molto agguerrita, potrà sempre rivelarsi utile». Le Figaro ha parlato di «prova di una certa umiltà» ma, se non altro, ammette l'utilità delle tematiche affrontate.

Sulla questione estetica almeno i francesi tacciono. Loro che hanno spacciato tre megacarciofi argentati come scultura all'ingresso del loro padiglione. Mettiamola così: i colleghi transalpini entrambi presenti a Milano, hanno sei mesi di tempo per ricredersi.

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