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Pure il nuovo Carroccio finisce sotto inchiesta Matteo: nulla da trovare

Fascicolo a Bergamo: riguarda periodi con Salvini già segretario. Non ci sono indagati

Pure il nuovo Carroccio finisce sotto inchiesta Matteo: nulla da trovare

«Non c'è nulla da trovare e da cercare. Spero facciano in fretta». Ostenta tranquillità Matteo Salvini, quando apprende che un nuovo fronte di guai giudiziari incombe sulla Lega. Alla mega inchiesta della Procura di Genova sui bilanci falsi del Carroccio se ne aggiunge una della Procura di Bergamo. Assai minori gli importi in ballo: 300mila euro, a fronte dei 49 milioni cui dà la caccia la magistratura ligure. Il problema è che a differenza dei colleghi genovesi, i pm bergamaschi scavano su un periodo in cui Salvini era già segretario federale della Lega. Se ci sono stati pasticci, non potrà cavarsela dando la colpa alla vecchia gestione della ditta.

Il fascicolo d'inchiesta è per ora iscritto a carico di ignoti. Non ci sono, per ora, indagati. Ma è chiaro che l'indagine ruota intorno alla gestione finanziaria della Lega, e quindi all'uomo che tiene le chiavi della cassa del partito: Giulio Centemero, il tesoriere che doveva mettere in ordine i conti allegri della gestione di Francesco Belsito. E che ora rischia di dover rendere conto dei finanziamenti approdati alla associazione Più Voci, sede a Bergamo nello studio di due commercialisti vicini alla Lega. Più Voci è sostanzialmente una scatola vuota: incassa i finanziamenti e li gira. Dove approdano i soldi? La gran parte nel 2016 finisce a tenere a galla Radio Padania, l'emittente storica della Lega (che dovrà comunque chiudere i battenti l'anno successivo). Difficile sostenere che la radio fosse soggetto estraneo al partito: gli studi erano nel quartier generale di via Bellerio. E d'altronde proprio a Radio Padania mosse i suoi primi passi nel giornalismo il giovane Salvini.

A rendere delicata la vicenda c'è il coinvolgimento di un grande italiano che non può più difendersi: dei trecentomila euro arrivati nel 2016 a Più Voci, 50mila provenivano da Esselunga. E a decidere l'erogazione, secondo quanto accertato dagli inquirenti guidati dal procuratore Walter Mapelli, sarebbe stato personalmente Bernardo Caprotti, il fondatore della catena di supermercati, morto nel settembre dello stesso anno. Il resto delle entrate di Più Voci venne per la maggior parte (circa 250mila euro) dal costruttore romano Luca Parnasi, già coinvolto nell'inchiesta sul progetto di nuovo stadio della As Roma.

Proprio dall'indagine romana sullo stadio giallorosso provengono le notizie sui finanziamenti di Parnasi a Più Voci, girate per competenza dai pm della Capitale alla Procura bergamasca e andate a incrociarsi nel capoluogo orobico con la indagine che più ha turbato in questi mesi l'immagine leghista. I commercialisti nel cui studio ha sede l'associazione, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba (che di Più Voci risultano anche soci fondatori, insieme proprio a Centemero) sono i registi della riorganizzazione finanziaria del partito. La procura di Genova sospetta che la riorganizzazione serva a evitare il sequestro giudiziario dei fondi e ha aperto una inchiesta per riciclaggio.

E ieri manda la Finanza a Bergamo a perquisire lo studio di Manzoni e Di Rubba.

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