Putin e anti-Ue in festa Ma la "nuova" America spaventa mezzo mondo

La Cina vuole collaborare di più, Israele resta amico. L'Europa? Deve "metabolizzare"

Putin e anti-Ue in festa Ma la "nuova" America spaventa mezzo mondo

Nel mazzo ci sono quelli contenti davvero, per ovvi motivi di bottega personale e di consonanza per così dire ideologica. E quelli così così, che ostentano letizia perché lo impone il ruolo e il galateo diplomatico, anche se si riconoscono in cuor loro nella vignetta che mostra la Statua della Libertà che si tiene il volto tra le mani per lo sconcerto, la delusione, il disorientamento, l'amarezza.

Al primo gruppo, il più folto, appartengono certamente Marine Le Pen, la prima a firmare un messaggio di congratulazioni a Donald Trump quasi in contemporanea con il generale Al Sisi, presidente egiziano alla ricerca di legittimazione. Seguono, a un'incollatura, i non meno fervidi e convinti auguri di Putin e del leader cinese Xi Jinping.

Al secondo gruppo, dei «tiepidi» e degli sconcertati, appartengono senz'altro il presidente francese Francois Hollande, la cancelliera Merkel e il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz. Nella foto-ricordo, tra quelli che stanno in mezzo e sorridono a denti stretti, come se gli avessero appena raccontato una freddura, figura l'Italia di Matteo Renzi, che nel risultato delle urne americane potrebbe aver colto, si mormora, un vaticinio negativo per le sue personali fortune politiche. Ma anche in Iran e in Corea del Sud, cercando qua e là sul pianeta, si scorgono volti vitrei, di leader che paiono reduci da un incontro ravvicinato con una faccia del «terzo tipo»: quella di Trump, o del «chi l'avrebbe mai detto!».

Alle calorose felicitazioni di Marine Le Pen, leader del Front Nationale, si apparentano, per spontaneità, quelle di Putin, che ha espresso la speranza di un «lavoro congiunto per far uscire le relazioni russo-americane dalla crisi, per affrontare le questioni internazionali pressanti e cercare risposte efficaci alle sfide relative alla sicurezza globale».

Lietissimo anche il leader cinese Xi Jinping, che si augura di «ampliare con Trump la cooperazione bilaterale in ogni settore, nel rispetto di una collaborazione vantaggiosa per entrambe le parti».

Bandiere al vento anche nella Turchia di Recep Erdogan, che augura a Trump «un futuro di grande successo», certo che Ankara e Washington seguiranno insieme «gli sviluppi nella regione per consolidare diritti, democrazia e libertà». Sempre che gli Usa si decidano a consegnare alla Turchia l'arcinemico di Erdogan, quel Fetullah Gulen che negli Usa vive da esule e da lì fomenta la resistenza al regime. Felice del risultato, insieme con India e Giappone, anche il premier di Israele Benyamin Netanyahu, che parla di Trump «come amico sincero dello Stato di Israele».

Alla faccia gioiosa di Xi Jinping fa da contrappunto quella basìta, se non un po' terrea, del presidente francese Holland, della cancelliera Merkel e dei leader assisi tra Bruxelles e Strasburgo che avevano scommesso sul «quieta non movere» di una presidenza Clinton. «Si apre un periodo di incertezza», ha commentato Hollande, guardandosi la punta delle scarpe. Poi ha aggiunto: «Questo risultato va affrontato con lucidità e chiarezza. Bisognerà essere vigili e sinceri con il partner Usa». Altrettanto freddina la Merkel, che si congratula, naturalmente, e offre a Trump «stretta collaborazione». E poi? Poi basta. Fine delle trasmissioni. E se il numero uno del partito antieuropeista e populista britannico Nigel Farage getta al sombrero al cielo in segno di giubilo, festeggiando l'accoppiata vincente di Brexit e Trump, ecco lo stuporoso stato di trance subito da Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo. Schulz si dice convinto che con Trump presidente degli Stati Uniti «la relazione transatlantica diventerà più difficile». Però, in effetti, anche ai tempi di Reagan Insomma, «il sistema degli Stati Uniti è forte abbastanza per reggere un Trump presidente e integrarlo», ha concluso al colmo della mestizia. Un po' quel che pensa Renzi, quando dice rassegnato: «Rispettiamo il voto degli americani, collaboreremo con Trump».

Infelici all'Havana, dove temono un congelamento delle relazioni diplomatiche dopo i decenni di gelo con gli Usa e in Corea del Sud, dove i modi

«non convenzionali» di Trump con i cugini «cattivi» della Corea del Nord potrebbe provocare contraccolpi sgraditi. Insomma, un mondo in chiaroscuro che deve ancora metabolizzare il terremoto prodotto dalla «faglia Trump».

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