Ennio Doris, patron di un colosso del risparmio gestito come Mediolanum: è stato sorpreso dalla Brexit?
«No perché la differenza tra i due fronti del sì e del no era percentualmente troppo bassa per dare certezze. Semplicemente, negli ultimi giorni sembrava che il terribile assassinio della deputata laburista potesse modificare l'esito. In realtà ha influito, ma molto meno di quello che ci aspettava».
Come vi eravate preparati?
«Come al solito: noi abbiamo con i clienti una strategia di investimento di lungo termine, nella quale ogni fluttuazione dei mercati, più o meno violenta, viene assorbita e, anzi, diventa un'opportunità. Così facciamo in modo che i fatti imprevisti come questo siano già contenuti nelle soluzioni che proponiamo».
Lungo termine?
«Warren Buffet ripete due cose. La prima è: Non chiedetemi come sarà il mercato tra un giorno o tra un anno. Non lo so né lo sanno altri. Ma chiedetemi come sarà tra 10 o 20 anni e vi risponderò che sarà molto più alto di oggi».
E la seconda?
«È che le fluttuazioni non sono nemici da combattere, ma opportunità che ci vengono offerte. E io sono al 100% d'accordo con Buffet, mi sono sempre mosso così, e chi mi ha seguito ne ha beneficiato».
Quindi è una fortuna?
«Tra qualche anno si dimostrerà un'occasione che andava assolutamente colta».
Veniamo a oggi. Quanto è grave la Brexit?
«Meno di quel che sembra. In questo referendum hanno esagerato tutti. Ma visto che ha vinto il sì, prendiamo quelli che dicevano no: tanti autorevoli politici ed economisti hanno fatto stime catastrofiche sull'economia dell'Inghilterra. Allora guardiamo le previsioni fatte quando il Regno Unito decise di stare fuori dall'euro. Si diceva che sarebbe nata un'area commerciale molto più grande della sterlina e tutti avrebbero investito lì, lasciando la Gran Bretagna. Si diceva anche che Londra avrebbe perso il primato sui mercati finanziari. Cosa è successo? Esattamente il contrario. Allora io dico che non solo le dichiarazioni sulle conseguenze della Brexit erano esagerate, ma che erano anche, in grandissima parte, sbagliate».
Tanto rumore per nulla?
«Intanto ora non succede niente: si aprono negoziati sui nuovi trattati con la Ue che possono durare due anni. E se non si raggiungono gli accordi, le due parti possono proseguire oltre. Ma secondo lei come potrà finire?».
Dica lei.
«Allora: la Gran Breategna ha la bilancia commerciale in rosso, cioè importa più di quanto esporta. E il suo bacino principale per le importazioni è la Ue. E chi è il maggiore esportatore in Inghilterra? La Germania. Quanto? Quasi 100 miliardi di euro. Le sembra plausibile che le Germania chiuda i ponti? Gli esportatori tedeschi non lo permetterebbero mai. Mentre la soluzione c'è già».
Ci dica la soluzione.
«È il modello Norvegia, Paese già oggi fuori da Ue e da euro, che però ha una serie di trattati con Bruxelles. Questo sarà il nuovo modello per i Paesi europei che non vogliono la Ue».
Ci sarà un effetto contagio?
«Ecco, questo è il vero problema. Altri Paesi potrebbero muoversi presto. Perché è evidente che nella costruzione di questa Europa qualcosa non va: la Ue a guida tedesca ha imposto la politica del rigore, soprattutto ai paesi del Sud, perché andava bene al modello tedesco, con pochi disoccupati e molto export. Dopo il crac di Lehman Brothers gli Usa hanno reagito con politiche espansive mai viste. Oggi hanno il debito al 110% del Pil, ma la disoccupazione Usa è la metà di quella Ue. Qui abbiamo fatto attenzione ai deficit, agli zero virgola, e non al lavoro, non all'economia reale; non abbiamo fato politica di sviluppo, preoccupati solo del debito».
Cambierà qualcosa?
«Vedremo: da questo punto di vista la Brexit può essere un colpo allo stomaco di Bruxelles perché cambi il modo di procedere.
All'interno della Ue e dentro l'euro ci sono situazioni economiche diverse da quella tedesca. Allora l'Europa dovrà mediare di più ed essere più attenta. Se lo farà, la Brexit, sarà servita a qualcosa. Viceversa il contagio sarà sempre più forte».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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