Le quarantotto ore di fuoco dell'esecutivo tra ultimatum Ue, indagati e leader in bilico

Dalla lettera di Bruxelles al caso Rixi: il governo si gioca tutto in due giorni

Le quarantotto ore di fuoco dell'esecutivo tra ultimatum Ue, indagati e leader in bilico

Roma - Quarantotto ore per chiudere una fase e aprirne un'altra. Giocarsi tutto nel tempo che ci mette il sole a cadere due volte dietro l'orizzonte. Il destino del Paese, o piuttosto di chi ne regge le redini, è in questo girare inesorabile delle lancette. Giuseppe Conte, il premier, la Commissione europea con le sue «lettere» minacciose, i dioscuri verde-gialli (visto giallo-verdi non lo sono più). Quarantotto ore in cui il popolo del web, quello che si considera civile soltanto a colpi di mouse sopra la «piattaforma Rousseau», dovrà mettere un pollice alto, un like, sulla permanenza (resistenza) di Di Maio alla guida di un Movimento che ha perso molte e sei milioni di voti nel giro di poco più di un anno. E i destini di Di Maio, dei conti pubblici italiani (vedi la lettera di Bruxelles), e di Giuseppe Conte si intrecciano a quello di Edoardo Rixi, il sottosegretario leghista all'Economia del quale un tribunale oggi stabilirà l'innocenza o la colpevolezza (l'accusa parla di peculato). Se i giudici genovesi dovessero condannarlo il movimento grillino imporrà l'aut aut al sottosegretario. Gli diranno che dovrà dimettersi. Il leghista, però, non arretra di un passo.

Le sue 24 ore potrebbero durare anche di più. Potrebbero diventare 48 per lasciare al suo leader, alla sua guida, l'onere della decisione. Riassumendo il senso di un'intervista al Corriere, Rixi dice che il passo indietro lo farà solo se glielo chiede Matteo. E se glielo chiede Conte? No, non scherziamo, sembra dire Rixi. Due passi indietro sono troppi. Sulla sua innocenza scommette anche Armando Siri, uno che ha avuto bisogno di ben più di 48 ore per mollare la poltrona di sottosegretario alle Infrastrutture. La lettera di Bruxelles, spiegano gli addetti ai lavori, è un atto dovuto: niente per il quale mettersi le mani nei capelli. Eppure il diktat è di quelli drastici. Parla proprio di 48 ore per rispondere. La Commissione Europea giudica insufficienti le manovre (economiche?) per tenere sotto controllo i conti pubblici e vuole sapere come faranno Conte e Tria a rispettare i paletti nonostante il reddito di cittadinanza e il blocco di Iva e della pressione fiscale (proprio ora che anche la Corte dei Conti storce il naso su sussidio e quota cento). A Di Maio serve soltanto la metà di quelle quarantotto ore per capire se sarà ancora il leader del Movimento oppure soltanto un ministro (peraltro dimezzato nel numero dei portafogli da tenere nel suo abito ministeriale). Lo stesso Di Maio, insieme con il suo collega/rivale Salvini ha ricevuto le 48 ore da Conte, l'arbitro e pacere che vuole smettere i panni del «prestanome» per assumere virilmente un ruolo di comando, almeno sulla tolda di Palazzo Chigi.

Il premier (neo timoniere) vuole sapere cosa intendono fare i due «gemelli diversi». Se intendono andare avanti considerandolo super partes oppure continueranno a bisticciare come bambini.

«Ho chiesto a entrambi - scrive Conte, in un comunicato diffuso dal suo staff - di accelerare i confronti in modo da ripartire già nei prossimi giorni con che chiarezza di intenti e determinazione di risultati». Come a dire: sbrigatevi non ho tempo.

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