Roma - Fischi, urla, schiamazzi. No. Non siamo sugli spalti di uno stadio durante una partita di calcio. Dove la squadra di casa fa una figuraccia di fronte al suo pubblico. Siamo al Palanord, alla periferia di Bologna, proprio dove via Stalingrado esce fuori città. Lì giovedì sera i «taccuini» dei cronisti politici hanno segnato una pietra miliare nella storia delle Feste dell'Unità. «Fischi al segretario» si affrettavano a battere i cronisti sui loro pc portatili. Una novità. E una novità è sempre una notizia. Sul palco era in corso il dibattito sul referendum costituzionale prossimo venturo tra Carlo Smuraglia, presidente dell'Anpi, e Matteo Renzi premier ma soprattutto segretario del Partito democratico, quindi padrone di casa. Ed è proprio lui il bersaglio dei fischi. «In questi due anni ci sono più diritti per tanti e per tutti...» stava dicendo Renzi quando è stato interrotto dalla platea. Il segretario del Pd poi si è rivolto a uno dei presenti che rumoreggiava. «Le auguro di prendersi una buona camomilla quando esce di qui» ha commentato stizzito. Aggiungendo poi: «A chi dice che ci vuole più sinistra, ricordo quello che è successo a Bertinotti: che poi abbiamo spianato la strada alla destra». Qui il pubblico sentendosi sfidato ha alzato il volume dei fischi. È in quel momento che il premier ha avuto la netta percezione che il suo avversario non fosse Smuraglia (che pur ha difeso con tenacia ed efficacia le ragioni del «No») ma quella maggioranza tutt'altro che silenziosa che aveva occupato i quattromila posti del Palanord fin da metà pomeriggio. Una platea, insomma, agguerrita - come hanno sottolineato tutti i testimoni - e assolutamente determinata a non far sconti al premier quando in gioco ci sono valori come l'antifascismo e l'eredità dei padri costituenti. Il premier ha quindi alzato i toni del confronto rivolgendosi direttamente al pubblico: «Andate a dire a due persone dello stesso sesso se hanno meno diritti» sbotta, sperando di smorzare i fischi che invece proprio su questa sua uscita aumentano. L'effetto non è stato mitigato dai tanti applausi che comunque ha raccolto dai militanti Pd venuti in pullman da tutta la regione a fare da claque al capo. I cronisti impietosi hanno registrato sui loro taccuini una nuova bordata di fischi quando il premier ha provato la carta del Jos Act. «Se ci sono 580mila posti di lavoro in più - ha detto - dovete dire grazie a chi ci ha creduto». Ma i fischi dimostrano che erano in tanti l'altra sera al Palanord bolognese a non credergli. Ovviamente i renziani doc hanno poi sminuito il dato dei fischi al segretario alla manifestazione della Festa dell'Unità. Hanno detto che non provenivano da militanti ma dai sostenitori dell'Anpi. «Renzi però - spiega Alfredo D'Attorre di Sinistra italiana nel corso di un intervista alla rivista telematica Il Sussidiario - non si rende conto che non è affatto percepito come più nuovo di D'Alema: governa da quasi 3 anni e i suoi risultati sono stati scarsi, soprattutto sul piano economico sociale e nella risposta alla crisi del Paese».
Un altro dato che dovrebbe preoccupare la maggioranza renziana del Pd non riguarda l'esito del voto al prossimo referendum costituzionale. Bensì, almeno nell'analisi di Anna Cocchi, responsabile per l'Anpi dell'Emilia Romagna, la fedeltà degli elettori al simbolo stesso del Pd.
«Non ci è piaciuto l'atteggiamento che ha avuto Renzi durante il dibattito con Carlo Smuraglia - ha spiegato, commentando il confronto al Palanord di giovedì sera - Era l'atteggiamento di chi vuole schiacciare l'avversario con tutti i mezzi. Non certo un atteggiamento di dialogo. Molti iscritti mi hanno detto la stessa cosa e mi hanno fatto sapere che, dopo aver visto il comportamento di Renzi, non voteranno più il Pd».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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