Politica

Quei rifugiati in rivolta per conquistare la carta di identità

Il titolare dell'Albergo Maria Luigia di Tabiano, Frazione di Salsomaggiore Terme lo chiama «il pifferaio». È il migrante (già segnalato da tempo alla questura di Parma) che ha guidato lo sciopero della fame cui hanno aderito un bel po' dei circa 40 profughi ospitati dalla struttura tabianese. Obiettivo: ottenere la residenza nel comune di Salsomaggiore e, come se non bastasse, la relativa carta d'identità. Il sindaco della città termale Filippo Fritelli, però, è stato categorico: «Non è possibile concedere la residenza ai rifugiati - ha detto - dal momento che la loro permanenza sul territorio è temporanea, in attesa della consegna del "foglio di viaggio" e, di conseguenza, della loro partenza». La dichiarazione del sindaco, però non è bastata a placare gli animi e, così, hanno dovuto intervenire le forze dell'ordine ed allontanare «il pifferaio», facendo tornare la calma fra i migranti. Ma fino a quando? I profughi, infatti, sembra non abbiano capito che, sciopero della fame o meno, non potranno avere ciò che chiedono: appaiono convinti che residenza e carta d'identità siano un loro diritto, senza il quale non possono, dicono, prendere la patente di guida, traguardo irrinunciabile: per far cosa, non si sa. In realtà basta il domicilio per iscriversi ad una scuola guida, però loro non ci credono e anche Angelo Bussolati, proprietario dell'albergo che li ospita, appare rassegnato: «Sono bravi ragazzi, ma a volte danno retta alle teste calde ed è impossibile o quasi farli ragionare. Li ospito esattamente come clienti di un albergo tre stelle, hanno il wi-fi, la televisione e tutti i servizi. Ne faccio anche lavorare alcuni, qui - dice - ma non è la loro massima aspirazione: un paio d'ore di cucina o di pulizie e sono già stanchi». Sono arrivati lo scorso autunno i 40 migranti del «Maria Luigia» e, da allora, non passano certo inosservati a Tabiano, che di abitanti ne conta 300, tenendo conto che altri 20 rifugiati sono dalle suore.

E la gente lo ha detto chiaro e tondo al prefetto di Parma: «Altri migranti qui non ne vogliono più».

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