O ltre 540 milioni di euro. È quanto l'atto aggiuntivo (in particolare l'allegato E) consentirà ad Autostrade per l'Italia di incassare per la realizzazione della Gronda di Genova al 2022. La convenzione con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, infatti, ha determinato l'avvio degli incrementi delle tariffe di pedaggio già a partire dal 2015. Ancor prima che l'opera sia in esercizio (nel 2013 si prevedeva il 2025) il concessionario ha già cominciato a incamerare maggiori ricavi.
C'è un piccolo particolare: del passante autostradale che dovrebbe decongestionare il traffico pesante nel capoluogo ligure non è stata posata neanche una pietra. Sia ben chiaro, la colpa non è della società che ha come azionista di maggioranza la famiglia Benetton poiché il malcontento della comunità locale e le lungaggini della burocrazia hanno di fatto reso impossibile l'avvio dei lavori per la realizzazione dell'infrastruttura. Allo stesso modo, la costruzione della Gronda non avrebbe molto probabilmente evitato il disastro del ponte Morandi la cui manutenzione riguardava un capitolo a parte della convenzione stessa. Tanto più che, come rivelato dall'Espresso, una lettera di fine febbraio del direttore Maintenance di Autostrade segnalava al ministero di accelerare l'iter per la messa in sicurezza del viadotto, chiarendo che concedente e concessionario erano consci della gravità della situazione.
Il passante autostradale di Genova è un'opera che richiede 3,2 miliardi di investimenti e che Autostrade per l'Italia si è impegnata a costruire da tempo vincolando l'allungamento della concessione dal 2038 al 2042 anche a questa opera, oltreché al Passante di Bologna. Una procedura avallata anche dalla Regione Liguria la cui giunta regionale nel 2015 votò all'unanimità (con l'ok anche dell'attuale sottosegretario Rixi) la proroga del termine.
Il punto cruciale, tuttavia, è la struttura stessa della concessione, approvata nel 2007 dal governo Prodi e aggiornata a fine 2013 dall'esecutivo Letta. Il 10,21% lordo di remunerazione del capitale, infatti, viene garantito a monte prescindendo dalla realizzazione di queste infrastrutture previste dal contratto la cui messa in opera viene ulteriormente finanziata attraverso l'ormai famigerato «fattore X», cioè il parametro per definire il tasso di incremento delle tariffe per l'assolvimento degli obblighi contrattuali. Per il passante di Genova si arriva a un X progressivo del 15,11% a fine 2038.
Si tratta di una scelta «politica». Il 7% netto è superiore al doppio rendimento dei nostri Btp decennali. Autostrade per l'Italia ha rivendicato che l'aggiornamento della convenzione sia stato fatto in periodo di crisi da spread e di traffico in calo, ma questo non impedisce di sottolineare come al gruppo Atlantia sia stata concessa una remunerazione superiore alla media dei concessionari più piccoli (circa il 5% netto).
Viene da chiedersi, osservando i documenti, se sia giusto finanziare in anticipo attraverso i pedaggi (senza contare che Autostrade per l'Italia può godere di minimi trasferimenti pubblici per queste opere) infrastrutture che non sono ancora realizzate.
Soprattutto tenendo conto che la pubblicazione degli atti ha messo ancora più in luce il ritardo dei maggiori concessionari negli investimenti in manutenzione e l'ulteriore risparmio conseguito attraverso gli affidamenti a società controllate dai gestori stessi. Ecco perché pagare per una Gronda che non c'è appare in questo preciso momento storico paradossale.
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