Ne La parte dell'altro lo scrittore belga Eric Emanuel Schmitt immaginava cosa sarebbe successo se nel 1908 Adolph Hitler non fosse stato respinto all'Accademia di Belle Arti di Vienna: probabilmente avrebbe intrapreso la carriera di pittore, seppur piuttosto tradizionale rispetto alla temperie delle imminenti avanguardie, e l'umanità si sarebbe risparmiata diversi guai. La morale, se qualcuno ha delle doti creative e un carattere difficile meglio assecondarlo che stroncarlo.
Resta il fatto che il Führer continua a «vendere», forse perché una delle ultime icone del '900 in grado di resistere all'usura del tempo: ispira libri (da Massimiliano Parente a Timur Vermes), pièces teatrali, film e se un collega del terzo millennio vuole essere trasgressivo e oltraggioso, eccolo citato nelle opere di autori contemporanei, dalle sculture di Maurizio Cattelan ai quadri di Giuseppe Veneziano fino ai divertissement in photoshop di Max Papeschi.
Altra cosa è attribuire una valenza estetica ai suoi acquerelli che sono, ribadisco, operine tradizionali, di un certo garbo, ma non certo paragonabili ai capolavori della storia dell'arte. Strano che Hitler abbia scelto un tratto così conservatore, lui che comunque va annoverato tra i rivoluzionari del XX secolo: uno stile più da signora bene che non da trascinatore di masse, al punto che se avesse deciso di illustrare la copertina di Mein Kampf con uno dei paesaggini autografi ci staremmo chiedendo se non avessimo sbagliato libro.
Nonostante la modestia della prova, il critico d'arte Daniele Radini Tedeschi, pare esperto di Caravaggio e rinascimento, si mostra esaltato per aver scoperto un inedito acquerello su carta che raffigura un paesaggio urbano, probabilmente viennese, in una collezione privata. Sostiene l'esperto che andrebbero riconosciuti i meriti artistici aldilà di questioni ideologiche, se la prende con le baronie e le università che detengono l'oligopolio culturale, e con malcelato orgoglio presenta in anteprima il suo scoop, il 18 luglio alla Galleria La Pigna di Roma, sede dell'Unione cattolici artisti italiani, accanto all'installazione di Wright Grimani (che personalmente non conosco, ma magari è un genio) dove evidentemente non si prevede una significativa affluenza di skinheads bensì di competenti ed esperti.
Il punto sta proprio nella debolezza del disegno hitleriano, scolastico e stucchevole, davvero poca cosa, proprio come i tentativi espressivi di Charles «Satana» Manson, suo pallido imitatore negli anni '60. Ma la legge dello show business parla chiaro: conta la griffe più che la qualità, ammesso che se ne possa ancora parlare. Cantanti e attori si dilettano in pittura, il loro stile appare dilettantesco eppure sono in molti a provare curiosità. E magari anche a comprarseli.
A proposito: quanto costa l'acquerello di Hitler? Lo si paga per il valore della firma o per quello dell'artisticità? Insomma, niente di più che un memorabilia nostalgico e fessacchiotto, come le medaglie di Stalin o il cappello di Mao.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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