Quell'asse che dribbla i sindacati

L'ultima assemblea di Confindustria sembra avere delineato un asse tra governo e imprese, con l'obiettivo di puntare sempre più sull'economia reale (e quindi sui privati) e sempre meno sul settore pubblico e sui settori corporativi.

Quell'asse  che dribbla  i sindacati

L'ultima assemblea di Confindustria sembra avere delineato un asse tra governo e imprese, con l'obiettivo di puntare sempre più sull'economia reale (e quindi sui privati) e sempre meno sul settore pubblico e sui settori corporativi. Che la Confindustria, tramite il suo presidente Carlo Bonomi, si sia mostrata anche stavolta filo-governativa non sorprende. Sono state invece meno scontate le parole pronunciate dal premier Mario Draghi, che ha indicato nel consolidamento delle imprese la condizione per rendere duratura la crescita di questi mesi.

Se dall'incontro di ieri emergesse un'alleanza tra governo e imprese le prospettive potrebbero farsi meno preoccupanti. In fondo, veniamo da decenni nei quali abbiamo sentito predicare il primato della rendita sul profitto, dell'eguaglianza sulla libertà, della regolazione sulla libera iniziativa. Porre al centro le imprese significa puntare sul lavoro, e quindi sulla ricchezza da produrre assai più che su quella da distribuire.

Una simile intesa tipo metterebbe in difficoltà i sindacati e anche quelle componenti del governo che sono maggiormente ancorate a logiche stataliste: a partire dal Pd e dal ministro Andrea Orlando. Tale svolta dovrebbe non soltanto archiviare il reddito di cittadinanza, ma pure ridurre il peso del settore pubblico sull'economia di mercato. Quando l'incubo della pandemia sarà alle spalle, la ricostruzione avrà successo se le componenti più parassitarie smetteranno di dettare l'agenda di governo, con un'attenzione nuova alle esigenze di chi intraprende, è esposto ai rischi della concorrenza, intende mettersi al servizio dei consumatori. Quando nel 1945 fu nominato governatore della Banca d'Italia, Luigi Einaudi adottò misure che permisero all'economia di rimettersi in modo; analogamente, Ludwig Erhard in Germania liberalizzò i prezzi e in tal modo aiutò ogni suo concittadino a trovare la migliore maniera per avviare nuove attività.

Un ipotetico cambio di passo a favore delle imprese oggi non passa da piani statali volti ad aiutare alcuni gruppi industriali, né da quei progetti di «riconversione verde» che possono piacere soltanto a chi punta a intercettare una quota della spesa pubblica.

Per favorire il dinamismo di chi ha l'ambizione di costruire qualcosa abbiamo invece bisogno di meno Stato e meno tasse, meno burocrati e meno regole. Se questo avrà luogo, sarà possibile coltivare un qualche ottimismo.

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