Quelle ragazze senza poltrona che hanno denunciato invano

Da Antonella a Marianna: lo Stato non le ha salvate

Quelle ragazze senza poltrona che hanno denunciato invano

Nicolina ha pagato anche per tutte eppure si poteva salvare. Uccisa a sedici anni con un proiettile in faccia dall'ex della madre. Ovviamente le due donne avevano denunciato, avevano cambiato città, dalla Puglia in fuga al nord, il più lontano possibile da uno stalker che poi è riuscito a vendicarsi. Quanta strada ci separa ancora dalla giustizia.

Donne massacrate nonostante il coraggio di denunciare, di stanare il mostro, di chiedere, implorare aiuto. Aiuto che troppo spesso non arriva o arriva in ritardo. Troppo tardi come è successo ad Anna Carusone che si era fatta anche fare una fotografia con addosso la maglietta «denunciate». Lei lo aveva fatto ben quattro volte, la speranza che l'ultima sia quella buona, ma alla fine lui ha battuta sul tempo: acciuffata e ammazzata. Maledetti tempi della giustizia. Ma chi chiede tanto? Basterebbe almeno protezione. Si sono fatte tante campagne: denunciate. Le vittime hanno risposto all'appello. Uscite dal buio, vestirsi e bussare alla porta dei carabinieri. Difficile raccogliere le forze per raccontare, i rischi e la vergogna. La paura e i sensi di colpa da superare. Ma se poi, nonostante gli sforzi, non succede nulla?

Vincenza pur tra mille titubanze, aveva avuto il coraggio di denunciare il suo ex che la tormentava. Lo stalker, facendosi beffe di un provvedimento della magistratura che gli impediva di avvicinarsi alla ragazza, l'ha inseguita e uccisa.

I dati fanno impressione. Una su quattro delle donne vittime di femminicidio aveva denunciato. E non solo una volta, più e più volte. Morti annunciate. Il caso di Giordana di Stefano, ha un tempismo che fa rabbrividire. Uccisa il giorno dell'udienza preliminare dal gip del procedimento per stalking a carico dell'ex convivente. Lei si era fidata della giustizia. Cercava protezione. Per lei, giovanissima di 20 anni e soprattutto per la sua bambina di quattro anni. E invece ha perso. Morta dissanguata a poche centinaia di metri da casa, alle pendici dell'Etna. A infliggerle diverse coltellate il suo ex e padre della loro figlioletta rimasta orfana.

Donne vittime della malagiustizia proprio perché una su quattro aveva fatto appello alle forze dell'ordine per denunciare il proprio dramma, per mettere nero su bianco le violenze fisiche e psicologiche da parte di ex mariti, ex fidanzati o spasimanti respinti. Il killer di Vincenza Avino era sì stato messo ai domiciliari ma era tornato in libertà con la sola misura del divieto di avvicinamento.

Antonella Russo è stata uccisa a fucilate dall'ex marito ad Avola davanti al figlioletto di 4 anni, nonostante avesse presentato una denuncia per stalking ai carabinieri di zona qualche tempo prima. «Da quattro mesi mia sorella andava dai carabinieri è nessuno ha mosso un dito», ha raccontato la sorella. Stessa sorte è toccata alla signora Lucia Bellucci, uccisa vicino Trento con due coltellate dal ex partner, nonostante nel passato lo avesse denunciato per stalking.

Marianna invece batte - suo malgrado - ogni record. Dodici denunce in dodici mesi e tre figli di 3, 5 e 7 anni a cui pensare. Lei non perde certo tempo, se lo sente addosso, e lo sa che lui non mollerà mai la sua preda. Appena si vede davanti il marito con quel coltello capisce tutto. «Con quel coltello mi ucciderà», corre a spiegare ai carabinieri. Un anno dopo la partita tra la vita e la morte la vince lui.

La sentenza firmata dal presidente Caterina Mangano è destinata a fare la storia e a dare speranza.

«I giudici dell'epoca, nel non disporre nessun atto di indagine rispetto ai fatti denunciati da Marianna e nel non adottare nessuna misura volta a neutralizzare la pericolosità del merito, hanno commesso una grave violazione di legge con negligenza inescusabile».

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