
«Lavoro da vent'anni in questo tribunale e all'ingresso mi avranno chiesto il tesserino professionale al massimo cinque volte». Stupita dalla rivelazione di un avvocato, decido di provarci anch'io: voglio verificare se è davvero così facile entrare nel Palazzo di giustizia. Se davvero quello che dovrebbe essere uno degli edifici più blindati d'Italia è ridotto a un colabrodo.
Sono da poco passate le 13 e l'immobile è completamente circondato dalle forze dell'ordine. Mi accorgo che dall'ingresso laterale qualcuno riesce a passare. Sono avvocati, cancellieri e dipendenti del tribunale che, immediatamente dopo la sparatoria, sono stati fatti uscire in tutta fretta. Hanno lasciato dentro cartellette, documenti, effetti personali. Mi metto in coda e provo a intrufolarmi anch'io, convinta che sarei stata buttata fuori e che, specie con lo stato d'allarme ancora in corso, i controlli sarebbero stati serratissimi. E invece pochi secondi dopo sono già dentro.
Un addetto alla sicurezza sulla porta mi chiede chi sono. «Un avvocato», rispondo. Mi domanda il tesserino professionale e faccio finta di cercarlo in borsa. Un (vero) avvocato, dietro di me, gli presenta il suo. «Ok, siete insieme. Prego», suppone il vigilante e ci fa passare.
Un paio d'ore dopo la tragedia, avrei potuto senza problemi entrare armata in tribunale. Nessuno se ne sarebbe accorto. Nessuno ha controllato: nella mia borsa non c'era il tesserino professionale. In compenso avrei potuto nascondere una pistola.
Indisturbata, riesco a salire dalle scale di emergenza fino al secondo e poi al terzo piano. Mi avvicino all'ufficio del giudice Ferdinando Ciampi, appena assassinato. Dentro la scientifica sta facendo i rilievi. Di lì a poco il passaggio nel corridoio sarà interdetto con i nastri della polizia. Ho giusto il tempo di fare un video. Al terzo piano è un po' più difficile accedere. All'ingresso principale i carabinieri non fanno passare nessuno. Ma basta fare il giro dal lato opposto per scattare qualche foto.
Riconosco un carabiniere e gli chiedo come sia stato possibile che l'omicida sia riuscito a introdurre un'arma nel
palazzo. «Dottoressa, da quando il servizio di vigilanza è affidato a una società privata, gli standard di sicurezza non sono più quelli di una volta», mi spiega il militare. Dopo la mia esperienza, gli credo sulla parola.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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