
Daniela Fumarola, segretaria della Cisl, la vostra proposta di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese è legge. Che significato ha?
«Con la legge Sbarra si è scritta una pagina storica per il mondo del lavoro. Ringraziamo tutte le forze politiche che l'hanno sostenuta. È stata una lunga marcia verso un nuovo modo di intendere e promuovere le relazioni industriali, verso accordi che assicurino più alti salari, maggiore stabilità dell'occupazione, più controllo su salute e sicurezza, giustizia nelle aziende. Abbiamo cominciato questo cammino due anni fa, raccogliendo quasi 400mila firme. Una legge popolare e antipopulista, che ora dobbiamo mettere a terra in ogni luogo di lavoro».
È utopia pensare a una stagione nuova nei rapporti tra imprenditori e lavoratori?
«La legge rappresenta una risposta democratica ai bisogni concreti delle persone, verso un'innovazione che guarda al futuro, lontana da ogni sterile antagonismo, ideologismo e demagogia. È una svolta culturale oltre che normativa. Per la prima volta il legislatore riconosce la partecipazione non come opzione astratta, ma come motore concreto capace di rilanciare retribuzioni, produttività, benessere lavorativo, formazione permanente, condivisione degli utili».
La legge rappresenta una risposta a proposte referendarie che lei ha definito «antistoriche»?
«Lo spirito che anima questa norma è esattamente all'opposto dell'impostazione dei referendum lavoristici. Lì si cancella l'esistente e si guarda al passato, in una battaglia di retroguardia che riporterebbe la legge Monti-Fornero. Qui si costruisce qualcosa di nuovo, si attua un principio costituzionale, si guarda al futuro, garantendo nuovi diritti. Ed è un fatto straordinario che l'approvazione di questa legge arrivi in concomitanza con l'elezione di Leone XIV che sull'esigenza di una nuova Rerum Novarum, l'enciclica fondamentale della dottrina sociale della Chiesa, ha impostato il suo pontificato».
Il rinvio alla contrattazione collettiva è un punto di forza o di debolezza della norma?
«La legge ha mantenuto integri i suoi i capisaldi originali, riconoscendo quattro forme di partecipazione: organizzativa, gestionale, economico-finanziaria e consultiva. Si valorizza la contrattazione collettiva come leva fondamentale per accordi partecipativi costruiti dal basso, incoraggiati da incentivi economici alimentati da un Fondo dotato dal Parlamento di 71 milioni. Tutte le aziende potranno accedere agli strumenti. Il CNEL vigilerà sull'applicazione della legge».
Perché larga parte del centrosinistra, Cgil e Uil si sono schierati contro?
«Francamente bisognerebbe chiederlo a loro. Noi giudichiamo un errore politico non aver compreso il grande significato sociale di questa legge. Siamo orgogliosi del risultato, reso possibile da un forte lavoro collettivo e da un confronto aperto con le istituzioni.
Ora parte la vera sfida, quella di accompagnare con responsabilità l'attuazione della legge, vigilando affinché diventi un'opportunità reale in ogni realtà produttiva. Solo insieme si costruisce un futuro del lavoro più giusto, partecipato e umano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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