Roma Luce nuova sopra il presidente, quando sarà seduto nello studio alla Palazzina del Fuga, con la penna in mano per firmare decreti. Gliela farà l'Arco di Castiglioni, opera simbolo del design italiano degli anni sessanta. Alla Vetrata invece, quando riceverà i capi di Stato stranieri o i partiti durante le crisi, Sergio Mattarella, potrà accendere Biagio, la lampada che Tobia Scarpa progettò nel 1969 e che ora è sulla sua scrivania. Le delegazioni in attesa intanto potranno dare un'occhiata allo splendido Alighiero Boetti appeso nella Sala delle Api, al Guttuso nella Don Chisciotte o all'Afro nella Cappellina dell'Immacolata.
E poi i tavoli di Bellini, Mollino e Boeri, i Concetti Spaziali di Lucio Fontana sparsi per il piano nobile, il Cavallo di Marino Marini nella Sala delle Stagioni, i mobili di Giò Ponti e Gaetano Pesce, le lampade di Gae Aulenti e Vico Magistretti, il bronzo di De Chirico che accoglie gli ospiti nell'anticamera del Salone delle Feste, mentre il cardinale dorato di Manzù fa la sua figura nella cinquecentesca Cappella Paolina di Sangallo il giovane. Giù, nel cortile d'onore, le grandi sculture di Consagra, Messina e Pomodoro. E un leone di Rivalta si aggira sotto i portici.
L'arte contemporanea entra nel Colle e si sistema accanto alle consolle dorate, agli specchi antichi, agli arazzi fiamminghi. Si parte con 36 tra quadri e sculture dal dopoguerra a oggi e 32 oggetti di design che sono segni dell'eccellenza italiana che ha creato «oggetti acquistabili da tutti e quindi democratici». Una iniziativa voluta da Mattarella «per arricchire in modo stabile il Quirinale e che verrà presentata in occasione della Festa della Repubblica», come spiega il consigliere per la stampa Giovanni Grasso. «Le opere saranno anche un biglietto da visita del genio italiano durante le visite dei capi di Stato stranieri». Non a caso nel cortile d'onore dove giungono i presidenti, ai lati della scalinata d'accesso, troneggiano il Disco di Arnaldo Pomodoro e il Miraggio mediterraneo di Pietro Consagra. Un'operazione a costo quasi zero. «Quadri e sculture - precisa Grasso - sono state cedute in comodato d'uso dalle fondazioni o donate dalla case produttrici. Le uniche spese sostenute sono quelle per il trasporto e le assicurazioni. E non abbiamo impoverito nessun museo».
«Il Quirinale - dice il segretario generale Ugo Zampetti - è un palazzo vivo, simbolo da sempre della massima istituzione italiana, ma le sue acquisizioni erano ferme al periodo del Regno Savoia». C'era dunque una «lacuna da colmare» e il capo dello Stato l'ha voluto fare inserendo opere d'arte e oggetti di design dell'Italia repubblicana. «Non è una mostra ma la vita del palazzo che entra in una nuova fase. Si tratta dunque di una operazione non solo estetica ma anche istituzionale: il Quirinale trasmette la sua identità di palazzo della presidenza della Repubblica e di casa degli italiani di oggi, non solo di ieri».
Moderno e antico, convivenza difficile? Macché.
«Abbiamo cercato di inserire le opere in modo garbato», racconta l'architetto Cristina Mazzantini, la curatrice dell'iniziativa. «Non volevamo fare un museo o un mausoleo. Abbiamo cercato di arredare la casa degli italiani che non fosse solo quella dei nostri nonni ma anche dei nostri nipoti, senza snaturare il palazzo».
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