Il Quirinale a caccia di outsider per parare la vittoria del «No»

Il messaggio di Mattarella a Renzi: non sciolgo le Camere se perdi il referendum. Ma l'ipotesi più probabile è un incarico bis

Il Quirinale a caccia di outsider per parare la vittoria del «No»

Roma - Matteo Renzi ha smesso da tempo di dirlo. «Spersonalizzare» il referendum di novembre sulla riforma costituzionale ed evitare che si trasformi in un plebiscito pro o contro il suo governo è diventata la parola d'ordine, in casa Pd.

Ma il premier non ha certo smesso di pensarlo: se il no alla modernizzazione della Carta e alla fine dell'anomalo bicameralismo italiano dovesse davvero prevalere, lui ne trarrà le conseguenze, come promesso: «Un attimo dopo salgo al Quirinale». Tanto più che è proprio dal fronte dei suoi nemici che si leva insistente un coro di inviti a restare: dal grillino Luigi Di Maio, che ha più volte ripetuto che il Movimento Cinque Stelle «non chiederà le dimissioni del premier», a Pier Luigi Bersani che dice: Renzi resti al suo posto anche in caso di sconfitta. Ovvio l'obiettivo, come ben sa Renzi: lasciarlo a Palazzo Chigi, indebolito e ostaggio di una maggioranza in fibrillazione, per consumare definitivamente quel che resta della sua leadership e impedirgli una seconda chance nella complessa partita che si aprirebbe.

A quel punto la palla passerà nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Politico navigato e di lungo corso, il capo dello Stato sa bene che si troverebbe tra le mani una matassa aggrovigliatissima, in un clima di grande difficoltà per l'Italia come preconizzano i foschi scenari disegnati dagli analisti internazionali: un effetto Brexit amplificato, è l'allarme. Un messaggio chiaro, però, Mattarella lo ha inviato a Palazzo Chigi: lo scioglimento anticipato delle Camere non è nel suo orizzonte. Dunque sembrerebbe esclusa l'idea, che in casa renziana si era accarezzata, di un breve governo «di scopo» affidato ad esempio al presidente del Senato Grasso, con l'obiettivo - impervio - di realizzare un'armonizzazione anche minima delle leggi elettorali per la Camera (Italicum) e per il Senato, che a quel punto resterebbe allegramente in vita, per poi andare a votare al massimo nella primavera del 2017.

L'altra certezza però è che Renzi, sia pur fuori da Palazzo Chigi, resterebbe segretario del Pd, dove non esiste allo stato una maggioranza in grado di rovesciarlo, né un leader in grado di sostituirlo. E da segretario, nelle consultazioni al Colle, avrebbe un peso determinante nelle decisioni: senza i numeri del Pd alla Camera è impossibile costituire qualunque governo. Insomma, se Mattarella restasse fermo nella sua volontà di impedire uno scioglimento anticipato, e Renzi non desse via libera ad un governo (al momento senza volto, anche se le chiacchiere accreditano ogni tipo di ipotesi, da Padoan a Draghi a Franceschini) destinato ad arrivare al 2018, si profilerebbe il rischio di uno scontro istituzionale.

In attesa di sapere che cosa succederà dopo il voto, ci si prepara alla dura campagna elettorale d'autunno. E l'Ulivo, mitologico albero prodiano torna di moda nel Pd. I renziani inseguono l'imprimatur di Prodi al referendum, calcolando (chissà se realisticamente) che l'ex premier sia ancora in grado di spostare consensi. Un importante segnale è arrivato da Arturo Parisi, mente politica del prodismo ed autore di quelle «tesi dell'Ulivo» che, nel '96, prefiguravano un'analoga riforma del bicameralismo (di cui poi, nello scontro tra Prodi e D'Alema, non si fece nulla): «Voterò sì ad una riforma nel solco dell'Ulivo. Il no, invece, ci riporterebbe alla casella di partenza».

Su Prodi, però, fanno un forte pressing anche gli anti-renziani, per convincerlo a negare il proprio appoggio. Si racconta di una Rosy Bindi che tempesta il Professore ricordandogli tutti i torti subiti da Renzi.

Sandra Zampa, portavoce dell'ex premier ed esponente della minoranza Pd smentisce però recisamente i retroscena che lo danno in marcia verso il no: «Falsità». E in casa renziana c'è ottimismo: Prodi è per il sì, e alla vigilia del voto lo dirà.

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