Il ragazzo scomparso annegato nel Brenta: il mistero del cellulare

L'ipotesi è il suicidio. Il 15enne aveva scritto alla ex. Il telefono ritrovato da un passante

Il ragazzo scomparso annegato nel Brenta: il mistero del cellulare

La bicicletta scomparsa, il telefono recuperato da un passante. Di chi aveva paura Ahmed Joudier, il ragazzo di 15 anni scomparso la sera di giovedì da Padova e trovato cadavere ieri mattina nel fiume Brenta? «Devo uscire, ho delle questioni con delle persone, penso che morirò. Solo tu devi ascoltare questo messaggio, non voglio essere sdolcinato ma ti dico solo che ti amo» invia alla sua ex prima di morire. Sono le 22 del 21 aprile quando Ahmed saluta i genitori e la sorella più grande. «Vado al Patronato». Si vedevano sempre lì, in una piazzetta dietro casa, nel quartiere Torre, Ahmed con il suo gruppo di amici. Un'ora o due al massimo, poi di nuovo a casa. Giovedì dopo cena il ragazzino inforca la sua vecchia bici rossa, percorre un chilometro appena, poi l'abbandona in strada. Chi l'ha presa? Arriva fino alla passerella pedonale che divide il comune di Padova con il comune di Cadoneghe, sopra il fiume che scorre in mezzo alla città. Quello che succede da quel momento resta un mistero fitto per gli inquirenti, che dall'alba di venerdì, appena ricevuta la segnalazione di scomparsa, l'hanno cercato ovunque. Nessun testimone, il cellulare spento. Solo ieri si scoprirà che a prenderlo è un uomo che lo trova a terra e, dopo aver sostituito la sim con la sua, se ne impossessa.

«Una persona incensurata, estranea alla vicenda», spiega la polizia che recupera la scheda di Ahmed e riattiva lo smartphone facendo tutti i riscontri possibili. Le ricerche riprendono da lì. Il «vocale» inviato alla ex fidanzatina, una coetanea, è anche l'ultimo messaggio inviato dal suo telefono, agganciato alla cella telefonica vicina al luogo del tragico ritrovamento. È l'estremo, disperato, tentativo di attirare l'attenzione della ragazzina amata? Ahmed finirà in acqua pochi minuti dopo. Fuggiva da qualcuno o si è tolto la vita? Un'ipotesi estrema per gli stessi agenti di polizia, il reparto volanti e la squadra mobile di Padova, che l'hanno cercato per quattro giorni. Fino alle 10 di ieri quando i sommozzatori dei vigili del fuoco, dopo aver individuato il corpo al centro del fiume, proprio all'altezza della passerella, l'hanno portato a riva per il riconoscimento. Vestito esattamente com'era uscito, apparentemente nessun segno di violenza: il primo esame del medico legale parla di possibile morte per annegamento. Il pm di turno, che ha coordinato le indagini fin dalla mattina di venerdì, ha disposto l'autopsia che dovrà chiarire esattamente come è morto il 15enne. Ascoltati amici, parenti e la stessa destinataria del messaggio ma senza alcun riscontro con le parole di Ahmed.

«Quella del suicidio è un'ipotesi - spiega il vicequestore Valeria Pace, dirigente del Reparto Volanti della questura di Padova -. Oggi non si può parlare di un'azione violenta, tuttavia siamo cauti. Prima di parlare di suicidio aspettiamo i riscontri dell'esame autoptico. Bisogna appurare se sul corpo ci sono segni di colluttazione e se la causa della morte è l'annegamento. In ogni caso le indagini non sono affatto concluse. Dobbiamo capire i reali motivi che hanno spinto il ragazzo a fare questo gesto e che possono girare attorno alla vicenda».

Resta una tragedia enorme per i familiari e per i conoscenti di Ahmed, un adolescente come tanti, da sempre in Italia, perfettamente integrato. Ottimi voti a scuola e senza alcun problema apparente. «Ahmed non si sarebbe mai allontanato così, facendoci sprofondare nella disperazione» racconta Hiba, la sorella di 17 anni.

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