Era il sogno di Gianroberto. Era quasi diventato il suo chiodo fisso: espugnare il Campidoglio. Come antipasto, come epifania di un governo nazionale a guida dei Cinque Stelle. Con Palazzo Chigi quale albergo dei «servitori del popolo» come lo stesso Casaleggio più volte definiva i politici virtuosi, insomma i «grillini» tipo. Ecco perché la prima mossa degna di nota del «dopo-Casaleggio» è stata l'incursione meneghina della candidata al Campidoglio. Ieri Virginia Raggi era a Milano per incontrare il figlio di Casaleggio, Davide. All'origine dell'incontro la necessità di fare il punto sulla campagna elettorale romana. Bocche cucite, ovviamente, al termine della riunione. La Raggi si è limitata a dire ai giornalisti che si è parlato solo di campagna elettorale e non di squadra di governo cittadino. «Adesso - ha detto - il nostro imperativo ancor di più è vincere e vincere per Gianroberto». Fin dai giorni della camera ardente il punto più dibattuto è stato il ruolo politico della Casaleggio associati e di Davide Casaleggio in particolare. La Raggi ha voluto fornire una piena rassicurazione in proposito. Davide, ha spiegato, continuerà a svolgere quel ruolo di garante che si era assunto il padre Gianroberto. Con un assillo ulteriore, per la verità. Si tratta della cosiddetta piattaforma Rousseau, il nuovo sistema del Movimento per votare e coordinare tutte le sue attività. Un sistema chiuso, accessibile solo agli iscritti, che verranno identificati in rete e che potranno agire soltanto in funzione della loro identità.
Dalla piattaforma Rousseau a Palazzo Chigi, passando per il Campidoglio. Questa la road map indicata da Gianroberto Casaleggio. Che ora il «direttorio» del Movimento è pronto a difendere. Soprattutto dalle malelingue. «Stiamo ottenendo risultati importanti» commenta Alessandro Di Battista, mentore della Raggi per la poltrona di sindaco della Capitale, ma soprattutto membro del direttorio. Che sul figlio di Casaleggio aggiunge: «Davide darà una mano sopratutto per quanto riguarda i processi di strategia e di rete. Ma non è una novità, quando Gianroberto stava male lui già ci aiutava». Insomma nell'era del dopo Casaleggio, l'unica grossa novità resta il passo in avanti accennato da Luigi Di Maio. Il vicepresidente della Camera dei Deputati è da sempre indicato come futuro leader, ma soprattutto come candidato premier. E l'altro giorno ha azzardato un «sono pronto» che non è stato visto benissimo dal popolo della Rete e da alcuni colleghi parlamentari del movimento. Anche ieri, intervistato da Alessandro Cecchi Paone per il Tg4, Di Maio ha mostrato sicurezza e serenità: «Sono pronto, se è questo che chiederanno gli iscritti». Un'investitura indiretta è arrivata anche dallo stesso Di Battista che nel corso di un convegno sulla «democrazia aperta» alla Camera ha annunciato che Di Maio sarà oggi a Londra, come esponente di spicco della seconda forza politica italiana. Il viaggio nasce per documentarsi sulla consultazione popolare indetta in Gran Bretagna per decidere sull'uscita o meno dall'Unione Europea. Tema particolarmente caro ai grillini.
L'intervista, nella quale Di Maio ha avuto parole tutt'altro che tenere per Renzi («è l'unico presidente del Consiglio che esulta quando la gente non va a votare»), è andata in onda mentre a Montecitorio si teneva la riunione a porte chiuse dei parlamentari grillini dove si è tornati a parlare della mozione di sfiducia che oggi approda al Senato, del prossimo incontro (in calendario giovedì) con il presidente Mattarella e di una redistribuzione di cariche e responsabilità
portando in prima linea parlamentari finora rimasti nelle retrovie.Intanto a Napoli in 23 si sono rivolti al giudice contro le espulsioni arrivate a pochi giorni dalle «comunarie» che hanno visto trionfare Matteo Brambilla.
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