La Raggi teme l'arresto: c'è aria di autosospensione

La sindaca di Roma ossessionata dalle manette. Pensa di congelare la carica finché non avrà chiarito tutto

La Raggi teme l'arresto: c'è aria di autosospensione

«La sindaca Raggi vuole autosospendersi, teme di essere arrestata». La voce corre sulla chat interna del Movimento, salta da una città all'altra, fa la spola tra Torino e Roma. «Virginia si sta preparando, deve autosospendersi». In fondo non è questa la novità, che il «protocollo di salvataggio» preveda una scelta estrema si sa da alcuni giorni. La novità è un'altra. Scrivono e chattano i vertici del Movimento, ma anche i «cittadini» pentastellati impegnati nelle amministrazioni pubbliche, per dire che la situazione è grave, per essere tutti costantemente aggiornati, perché il passaggio appare estremamente delicato: «Ragazzi, Roma è un gran bordello, tutti vogliono fare in modo che la giunta salti. E vogliono arrestare la sindaca».

Arresto, è questa la parola che tiene banco ieri. Forse ne parlano nei corridoi della Procura, ma questa al momento sembra un'ipotesi remota, difficile da sostenere: Virginia Raggi è accusata di falso in atto pubblico e abuso d'ufficio. Perché si dovrebbe arrivare alla custodia cautelare? Non si pensa certo al pericolo di fuga della sindaca e neppure alla possibilità che il presunto reato venga reiterato: le accuse ruotano intorno alla promozione di Renato Marra. È il fratello di Raffaele, l'ex braccio destro di Gianni Alemanno, stima pressoché inalterata da parte della sindaca e capo del personale del Campidoglio, prima di venire arrestato. Visto quando già accaduto appare impossibile che sul caso del vigile Renato Marra, la sindaca Raggi voglia e possa combinare altri guai. Resta un terzo motivo che potrebbe spingere il pm a chiedere la custodia cautelare: l'inquinamento delle prove. Ma i magistrati avrebbero già tutti i documenti che servono, vogliono chiudere in fretta l'inchiesta. Le loro mosse, l'ipotesi del giudizio immediato, inducono a credere che i pm abbiano le carte che servono per arrivare a una condanna di primo grado. Che per la legge Severino significherebbe sospensione della sindaca. Questo il quadro dell'inchiesta, che non basta, ma forse serve a comprendere quanto sta accadendo a Roma. Meglio, può aiutare a decifrare perché, quasi all'improvviso, nella giornata di ieri, nei dialoghi tra Grillo e i suoi si sia diffusa la sindrome dell'arresto. Nel primo pomeriggio tutte le comunicazioni si concentrano sul «rischio dell'arresto» e alla fine spunta una linea che potrebbe materializzarsi già nelle prossime ore: «Virginia Raggi si autosospende, lunedì va a parlare con i magistrati e chiarisce tutto. Se le verrà chiesto di essere ascoltata altre volte l'autosospensione andrà avanti fino a quando tutto non sarà chiarito».

Ancora, altre voci in chat: «Così chi vorrebbe fermarla, chi sogna di arrestarla, non potrà neppure dire che dai suoi uffici del Campidoglio lei sta cercando di inquinare le prove sul caso di Renato Marra». In sintesi: Raggi si autosospende per scacciare i timori di un possibile arresto. Questa la voce che trapela ieri dal Campidoglio. Se così stanno le cose, se nessuna altra accusa può essere formulata nei confronti della sindaca, il timore pare almeno eccessivo.

Con un rumore di sottofondo che racconta anche un'altra cosa: chiedere la custodia cautelare, arrestare la sindaca Raggi a questo punto, con queste ipotesi di reato, farebbe di lei una martire, almeno tra la maggioranza di coloro che

l'hanno votata. E far circolare la voce di un suo possibile arresto? Non equivale al martirio, ma è senza dubbio un aiuto in più per i sondaggi: Grillo & Associati lo sanno bene, più li bastoni e più piacciono alla gente.

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