Rai, nuova fumata nera Spartizione in alto mare e summit con Conte

Riunioni tra il premier e i suoi vice, l'intesa è lontana. E mercoledì si vota il presidente

Rai, nuova fumata nera Spartizione in alto mare e summit con Conte

L'ennesimo vertice a Palazzo Chigi, ieri pomeriggio, non sembra aver prodotto l'accordo tra Salvini e Di Maio sulla maxi-lottizzazione dei posti di Rai e Ferrovie. Così ne è stato convocato un altro a tarda sera, ma è possibile che tutto slitti alla settimana prossima, sperando che il week end porti ad una spartizione soddisfacente sia per i Cinque Stelle che per la Lega.

La Commissione di Vigilanza, che deve votare con una maggioranza dei due terzi il futuro presidente della tv pubblica, è stata fissata per mercoledì mattina, in modo da lasciare più tempo al grande Risiko delle poltrone. Il nome più probabile resta quello di Giovanna Bianchi Clerici, ex parlamentare leghista sponsorizzata da Giancarlo Giorgetti, che potrebbe avere i voti di Forza Italia e del Pd, necessari a superare il quorum. Il nodo resta però la scelta dell'amministratore delegato: la Lega boicotta il manager individuato dalle selezioni grilline, Fabrizio Salini, e in cambio del via libera pretende garanzie su altri posti chiave: Tg1 (che però i Cinque Stelle reclamano per sé), Tg2 (per Luciano Ghelfi o Alessandro Giuli), Tg regionali (per Nicola Rao o Enrico Castelli). Più qualche direzione di rete. E naturalmente le pretese leghiste cozzano con gli altrettanto robusti appetiti grillini.

L'idea casaleggiana di mettere sul piatto anche le Ferrovie, cui l'alleato del Carroccio tiene moltissimo, per allargare il giro di posti da distribuire, ha finito per complicare la partita. Persino un organo ufficioso della maggioranza come il Fatto ammetteva ieri, con un diplomatico giro di parole, che il blitz di Toninelli doveva servire a «ristabilire l'equilibrio multiplo sui tavoli di trattativa, Rai inclusa». In pratica: noi diamo a Salvini il numero uno del mega-business ferroviario, in cambio voi ci lasciate la Rai. Ma la quadra ancora non si trova: troppe e troppo delicate, anche in vista della prossima campagna elettorale europea, le postazioni da riempire a Saxa Rubra per ottenere il controllo dell'informazione pubblica. Nel frattempo, la corsa frenetica alle poltrone provoca danni di immagine, tra casting dei candidati fatti a Palazzo Chigi, selezione di direttori di reti e testate (che per legge spetta all'Ad) fatta tutta preventivamente in sede politica e addirittura pellegrinaggi dei questuanti in cerca di nomine nelle case private dei politici. Così ieri Salvini e Di Maio hanno negato con sdegno: il primo sostenendo di non aver partecipato a vertici spartitori, il secondo di non occuparsi di posti Rai: «Non stiamo decidendo i direttori dei tg o delle reti, non ne abbiamo mai parlato io e Salvini», ha giurato, «abbiamo fatto riunioni per incontrare i potenziali amministratori delegati».

E quando il deputato dem Michele Anzaldi ha chiesto pubblicamente conto della notizia (riportata dai principali quotidiani, Giornale incluso) di tête-à-tête a domicilio di aspiranti direttori (come Gennaro Sangiuliano o Alberto Matano) col vicepremier grillino, è arrivata la veemente smentita dello stesso Sangiuliano: «Mai stato nella casa privata di Di Maio».

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