L'intelligence italiana ha inviato una nota urgente su «possibili attacchi ad obiettivi americani» nel nostro paese come rappresaglia all'eliminazione del generale iraniano Qassem Soleimani. La Difesa ha ordinato di «innalzare le misure di sicurezza dei contingenti dove operano i soldati italiani e sono stati limitati al minimo gli spostamenti al di fuori delle basi». I nostri soldati più a rischio sono i circa 300 uomini nella Green zone di Baghdad, l'area protetta dove si trova l'ambasciata Usa presa d'assalto dai miliziani sciiti a Capodanno. Lo stato è di massima allerta e tutto il personale Nato nella capitale irachena «è pronto ad attivare il piano di esfiltrazione» ovvero ad evacuare in fretta.
Il leader supremo iraniano ha promesso «una dura rappresaglia» definendo l'uccisione del suo generale «un atto di guerra». Il vice comandante dei Pasdaran, Mohammad Reza Naghdi, ha spiegato che gli americani «devono ritirare le loro forze dalla regione o cominciare a comprare bare per i propri soldati». Il Supremo Consiglio di sicurezza riunito a Teheran ha annunciato che gli Stati Uniti «dovranno affrontare una vendetta pesante, al momento e nel luogo opportuni». Nel centro della capitale iraniana ed in altre città sono sfilati migliaia di manifestanti urlando «morte all'America». Le rappresaglie possibili si concentreranno inizialmente in Iraq. Le milizie sciite come Al Badr hanno lanciato l'appello «per cacciare le forze straniere». Moqtada al Sadr, vuole addirittura riesumare l'Esercito del Mahdi, che aveva combattuto contro le truppe italiane a Nassiryah. Nella zona verde di Baghdad abbiamo 300 militari fra corpi speciali della Tf 44, carabinieri che addestrano la polizia irachena e lo staff del generale Paolo Attilio Fortezza, che comanda tutto il contingente italiano in Iraq. Il grosso, circa 1000 uomini, si trova abbastanza al sicuro nel nord, in Kurdistan. Però qualche decina di militari italiani, squadre mobili di addestramento, sono disperse nelle caserme dell'esercito iracheno. Washington ha già invitato i cittadini americani a lasciare il paese. Nel sud le compagnie petrolifere, compresa l'Eni, evacuano il personale. L'82ima divisione avio trasportata Usa, che ha una brigata a Vicenza, sta inviando 750 paracadustisti di rinforzo a Baghdad, ma in tutto il Medio Oriente il Pentagono dispiegherà altri 3000 soldati.
Un altro obiettivo della possibile rappresaglia sono le basi americane nel Golfo o lo stretto di Hormuz, giugulare del petrolio. I missili iraniani possono colpire installazioni militari Usa in Qatar, Arabia Saudita, scelta prioritaria e Bahrain, base della V flotta Usa. Lo stretto di Hormuz è già finito nel mirino con gli attacchi alle petroliere in maggio e l'abbattimento di un drone americano a giugno. Israele è da sempre sotto tiro dell'Iran con i giannizzeri Hezbollah in Libano e le nuove basi dei Pasdaran in Siria. Il successore di Soleimani è il suo vice, generale Esmail Qaani, che ha comandato le operazioni clandestine in Afghanistan. L'Iran confina con la zona occidentale del paese dove 800 soldati italiani sono ancora presenti nella base di Herat. La brigata Al Qods di Soleimani fomentava da anni la guerriglia nell'area e potrebbe puntare ad attacchi pure suicidi contro le truppe americane o i suoi alleati. L'arma degli attentati in Occidente non è da escludere anche sul territorio americano o in Israele. L'allerta dell'intelligence in Italia riguarda obiettivi americani già presidiati dai militari di Strade sicure, che aumenteranno l'allerta.
I russi hanno indicato la reazione più pericolosa degli ayatollah. Il presidente della commissione per gli Affari esteri, Konstantin Kosachev, ha paventato: «L'Iran potrebbe accelerare la produzione di un'arma nucleare».
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