Vince la realpolitik. E vince una piazza che è unita a prescindere dalle distanze e dalle diffidenze che separano i tre leader che uno dopo l'altro si presentano sul palco davanti alla basilica di San Giovanni in Laterano. Prima Silvio Berlusconi, poi Giorgia Meloni e infine, a chiudere, Matteo Salvini. Incomprensioni politiche ma anche umane e personali, perché l'ex ministro dell'Interno che della giornata di ieri è stato il frontman continua a non essere nel cuore né del Cavaliere né della leader di Fratelli d'Italia. Entrambi, magari per ragioni diverse, nutrono infatti una certa diffidenza verso il leader della Lega. Che alla fine ha voluto organizzare la manifestazione di ieri senza coinvolgere gli alleati e costringendoli a trovarsi davanti al fatto compiuto di un palco brandizzato dall'Alberto da Giussano e da una piazza dove a differenza degli accordi iniziali sventolavano migliaia di bandiere del Carroccio e di slogan della Lega (stessi colori e stessa grafica). Non un caso, ma il tentativo di Salvini di formalizzare la sua Opa sul centrodestra. Un'offensiva rintuzzata sia da Forza Italia, alla fine presente in piazza San Giovanni con i suoi simboli, sia da Fratelli d'Italia, che da giorni aveva intercettato le mail con cui da via Bellerio si esortavano i militanti leghisti a scendere a Roma muniti di cartelli, striscioni e bandiere del Carroccio.
In questo clima di sfiducia e sospetti, però, è finita con le ragioni della politica che hanno prevalso. Quelle della piazza su tutti, perché erano in tanti quelli che sventolavano contemporaneamente i vessilli di più partiti (cartello pro Salvini e bandiera di Forza Italia oppure fascia di Fratelli d'Italia e simbolo della Lega appuntato sulla maglietta). E in tantissimi hanno applaudito con la stessa intensità sia Berlusconi che Meloni che Salvini. E perché i boati più scroscianti sono arrivati quando si dava addosso al Pd o al M5s. Insomma, l'impressione è che la piazza del centrodestra fa davvero pochi distinguo tra Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, ma ha invece come priorità quella di mandare a casa un governo e una maggioranza considerati «ostili».
Poi, certo, ci sono i tre leader. Con Salvini che si muove nella sua confort zone, immigrazione e sicurezza prima di tutto. Ma che alla fine deve concedere l'onore delle armi a chi lo aveva preceduto sul palco. «Grazie a Silvio e Giorgia, insieme si vince», dice alla piazza prima di congedarsi. E questa è la realpolitik, perché il leader della Lega che fino a qualche giorno fa aveva sperato in una defaillance del Cavaliere e che aveva fatto di tutto per tenere la Meloni all'oscuro dei dettagli organizzativi della manifestazione deve aver colto la richiesta di unità arrivata dalla piazza. Difficilmente saranno stati 200mila, come sostiene l'organizzazione del Carroccio, più probabilmente 50-75mila. Comunque tanti e tutti per un centrodestra unito e che possa davvero tornare al governo.
Che è esattamente quel che teorizzano Berlusconi e Meloni. La leader di Fdi ci tiene a puntualizzare, segno che con Salvini il clima è ancora molto teso. Non è un caso che punti il dito in diverse occasioni su Luigi Di Maio («un poveretto») e che riproponga il patto anti-inciucio («chiedo a Matteo e Silvio di firmare per dire «mai» ad alleanza con il Pd o con il M5s»). Affondi che hanno ovviamente come obiettivo il leader della Lega, che con Di Maio e con il M5s è stato alleato per ben 14 mesi. Anche Berlusconi insiste sul fatto che «per vincere siamo tutti indispensabili» e che «da oggi ricomincia il nostro cammino». Il centrodestra, insomma, deve essere unito. D'altra parte, dice il leader di Forza Italia, «tredici anni fa ero qui a manifestare in questa stessa piazza contro le tasse del governo Prodi». Un modo per rivendicare «l'unicità dell'esperimento italiano».
In Europa, prime fra tutte Germania e Francia, il centrodestra piuttosto che allearsi con la destra preferisce governi di grande coalizione. Invece, come già nel 1994, ieri Berlusconi ha scelto di essere in piazza a fianco di Salvini e Meloni.
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