È record di profughi: l'Austria ferma i treni

RomaAnche Vienna dice «stop». Le ferrovie austriache ieri hanno seguito l'esempio danese e hanno bloccato il transito di treni da e per l'Ungheria a causa dell'afflusso record di migranti. Nella notte tra mercoledì e giovedì oltre 3mila profughi sono giunti dal confine magiaro. E le autorità austriache non riescono più a gestire la situazione. Non migliora la situazione nell'Est Europa: ieri si è svolto un vertice bilaterale tra Serbia e Ungheria nel quale entrambi i Paesi hanno chiesto sostegno economico all'Unione Europea. E la situazione rischia di peggiorare. Da Budapest, che finora aveva confermato di non voler far passare i rifugiati ammassati al confine serbo ma solo coloro che si registrano per presentare domanda di asilo, nella serata di ieri è arrivata la notizia che quattro autobus, tre minivan e altri mezzi stanno arrivando alla stazione di Szeged (confine con la Serbia) assediata dai migranti. Sui bus diretti verso l'Austria potranno salire a bordo anche i profughi non identificati. È la prima volta che accade in settimane.

Dall'inizio del 2015 oltre 160mila migranti provenienti in maggioranza da Siria, Afghanistan e Iran sono giunti nel Paese governato da Viktor Orbán. Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia continuano a opporsi al sistema europeo delle quote. Poco più a Sud, invece, la Macedonia sta pensando di sbarrare il confine con la Grecia con un nuovo muro. L'enorme flusso migratorio, però, non si arresta e la Bosnia si sta preparando ad affrontare l'emergenza incombente: i rifugiati, allo scopo di raggiungere Germania e Svezia (destinazioni preferite), si stanno preparando a seguire una rotta alternativa che prevede l'arrivo a Berlino tramite Bosnia, Croazia, Slovenia e Austria.

Qualcosa comincia a muoversi anche a Bruxelles. Il Parlamento Ue ha approvato il sistema di quote-Paese per l'accoglienza, mentre il prossimo 14 settembre il Consiglio dei ministri dell'Interno Ue adotterà il ricollocamento per 40mila richiedenti protezione internazionale attualmente in Italia (24mila) e in Grecia (16mila). Contestuale sarà l'attivazione degli hotspot (i centri di segnalamento; ndr ). La procedura sarà difficile da attuare in quanto molti rifugiati rifiutano di farsi identificare proprio allo scopo di fuggire verso Germania e Svezia. La Commissione sta pensando di istituire uno stanziamento straordinario nel budget europeo per potenziare le strutture di accoglienza e comincia a farsi strada l'idea di flessibilizzare il Patto di Stabilità, escludendo dal computo gli interventi necessari per l'emergenza.

Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha ribadito che l'Italia sulla questione è sempre stata «dalla parte giusta», sottolineando che «senza un superamento dell'accordo di Dublino (che prevede l'assistenza ai rifugiati nel Paese di arrivo; ndr ) si mette a rischio anche quello di Schengen», ossia l'abbattimento delle barriere interne all'Ue. Il caso italiano, come ha ricordato Maurizio Gasparri (Fi), è tuttavia differente, poiché con i barconi non giungono solo rifugiati ma anche clandestini.

Gentiloni, però, appare più concentrato sulla questione libica che su quella siriana. Segnale della totale assenza di coordinamento (e di rilevanza) in sede internazionale.

Il Belgio ha annunciato che bombarderà la Siria anche senza mandato Onu, la Gran Bretagna è favorevole a soluzioni di «transizione» che coinvolgano il governo Assad. Gli Stati Uniti, invece, sono disponibili ad accogliere 10mila profughi siriani a partire dal 2016, ha fatto sapere la Casa Bianca. Il puzzle è di difficile composizione.

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