Il referendum e le "minacce" di Lotti: guerra aperta tra esecutivo e vescovi

La Cei spinge sul "sì" al quesito anti trivelle, Palazzo Chigi non gradisce. Scontro con toni violenti tra il braccio destro del premier e Galantino

Il referendum e le "minacce" di Lotti: guerra aperta tra esecutivo e vescovi

Tra Palazzo Chigi e la Santa Sede è ormai da settimane che i rapporti si sono fatti piuttosto difficili. Soprattutto dopo che a metà marzo il segretario della Cei Nunzio Galantino si è di fatto schierato a favore del sì al referendum sulle trivelle. Una scelta di campo che non è affatto piaciuta a Matteo Renzi, tanto che il suo braccio destro Luca Lotti non ha mancato di manifestare le sue «forti perplessità» Oltretevere. Senza grandi risultati, però, tanto che Avvenire - il quotidiano della Conferenza episcopale - resta ancora oggi in prima linea nella battaglia No-triv. Circostanza che, soprattutto dopo che l'inchiesta di Potenza ha acceso i riflettori sulla consultazione referendaria, è stata motivo di un ulteriore e durissimo scontro tra il governo e il Vaticano. Così violento che in privato Galantino sarebbe arrivato a definire «minacciosi» i toni usati da Lotti. I primi malumori risalgono già a qualche mese fa, perché che la Chiesa sia schierata a favore del referendum non è un mistero per nessuno. In tutta Italia e soprattutto nelle regioni direttamente coinvolte dalle trivellazioni, infatti, le parrocchie stanno facendo campagna attiva sul territorio. In Puglia, per dirne una, la diocesi di Altamura, Gravina e Acquaviva delle fonti organizza perfino convegni e incontri informativi (il prossimo venerdì al teatro Mercadante di Altamura). Il fastidio di Palazzo Chigi, però, è andato crescendo con il passare dei giorni. Pur avendo premesso di non voler prendere una posizione sul «sì» o «no» al quesito, infatti, che Galantino abbia detto chiaro e tondo di «condividere» la posizione di Avvenire è stato di fatto un endorsement della Cei a favore dei No-triv. Anche perché l'editoriale citato dal segretario della Conferenza episcopale richiamava espressamente l'enciclica di Papa Francesco Laudato si'. Un pugno nello stomaco per il governo che ha scelto un approccio decisamente low profile, puntando apertamente sul mancato raggiungimento del quorum. Esattamente il contrario della linea Galantino, convinto che in vista del referendum sia «necessario coinvolgere la gente che vive di quell'acqua e in quei territori» creando «spazi di incontro e di confronto». Alta tensione, dunque. Sfociata in un vero e proprio scontro negli ultimi giorni, complice - forse - il clamore dato alla consultazione referendaria dall'inchiesta di Potenza. Da Palazzo Chigi, infatti, avrebbero ribadito di non gradire il fatto che Avvenire continui a sostenere apertamente le ragioni del «sì». Sabato scorso, per dire, un'intera pagina era dedicata alla «Basilicata avvelenata». Catenaccio del pezzo: «Dalle acque radioattive al petrolio. E i tumori aumentano». Con eloquente intervista a Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali: «No a Tempa Rossa, no alle trivelle e sì al referendum». Anche lui cita l'enciclica del Papa, spiegando che «bisogna battersi con il governo affinché le condizioni della produzione non inquinino l'ambiente». Un'offensiva, quella della Chiesa, che preoccupa il governo. Non tanto per il timore che si possa arrivare al quorum a livello nazionale, traguardo che nonostante tutto non sembra alla portata.

Quanto perché il combinato disposto della posizione della Cei dell'azione delle diocesi sul territorio potrebbe essere determinante nel raggiungere il quorum in alcune delle regioni più coinvolte dalle trivellazioni, Puglia e Basilicata su tutte. Il che, ovviamente, non renderebbe valido il referendum. Ma avrebbe comunque un suo valore politico.

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