Politica

Con Regeni, ma a parole Nessun ministro blocca il business con l'Egitto

Altro che verità, come chiesto a Conte dal Pd: nessuno si oppone alla vendita delle fregate

Con Regeni, ma a parole Nessun ministro blocca il business con l'Egitto

V orrebbero spacciarla per ragion di Stato, ma purtroppo per il Pd e per i Cinque Stelle è soltanto ipocrisia spicciola. O peggio viste le irriguardose promesse con cui da troppo tempo s'illudono e di prendono in giro i genitori di Giulio Regeni. Promesse che, lo si sapeva fin dall'inizio, non avevano alcuna speranza di esser rispettate per due semplici ragioni. La prima è l'impossibilità per il presidente Abdel Fattah Al Sisi di colpire gli uomini da cui dipende non solo la lotta al terrorismo islamista, ma la sua stessa sopravvivenza fisica e politica. La seconda è l'impossibilità per il nostro paese di rinunciare alle relazioni con un paese chiave per gli equilibri della Libia e di quel Mediterraneo da cui l'Italia rischia di ritrovarsi espulsa.

Ma ora a rendere più insopportabile l'ipocrita pantomima del Pd e dei Cinque Stelle s'aggiunge la proposta avanzata dal ministro Dario Franceschini. Il suggerimento arriva al termine del Consiglio dei Ministri di giovedì notte. Durante quella riunione il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha di fatto chiuso la partita annunciando che l'inchiesta sull'uccisione di Giulio Regeni non può bloccare l'affare da un miliardo e 200 milioni per la cessione delle due fregate all'Egitto. A quel punto Franceschini, alla disperata ricerca di una foglia di fico capace di coprire le vergogne del suo partito e del governo giallo-rosso, propone a Conte un'operazione ancor più spregiudicata. Il premier a detta del ministro della Cultura, e per l'occasione pure del teatro, deve lanciare un'iniziativa per convincere l'opinione pubblica che la ricerca della verità sull'assassinio di Giulio Regeni prosegue mentre la vendita delle due fregate è un'attività solo commerciale. A questo punto più che d'ipocrisia parliamo di salti mortali senza rete. Salti mortali capaci di esporre definitivamente al ridicolo un premier che il 7 giugno ha personalmente discusso con il presidente Al Sisi, ovvero con l'unico che potrebbe consegnarci gli assassini di Regeni, la vendita delle due navi da guerra. Ma dietro a quei salti mortali non c'è solo l'inadeguatezza di questo governo.

L'origine di tutto va ricercata negli esecutivi a guida Pd di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni che nel nome della solidarietà alla famiglia Regeni si sono sempre rifiutati di ammettere la brutale verità. Per chiudere la questione sarebbe bastato ammettere che l'Italia è troppo debole per mettere con le spalle al muro l'Egitto, ma ha, nel contempo, interessi troppo importanti nell'area del Mediterraneo per rinunciare ai rapporti con Il Cairo. Magari aggiungendo che l'Europa, sempre tanto cara al Pd, non avrebbe mosso un dito per appoggiare l'Italia, ma avrebbe piuttosto, come ha puntualmente fatto Macron, approfittato della nostra messa fuori gioco per occupare gli spazi vuoti creatisi sui mercati egiziani. Tutto il resto sono bagatelle degne non di ministri o Presidenti del Consiglio, ma di comparse. E fra queste spicca quel Luigi Di Maio che da una parte ha continuato a promettere fermezza ai genitori di Giulio Regeni mentre dall'altra ha dato il via libera attraverso l'Uama - l'autorità per le vendite di armamenti ai paesi extra-europei guidata dal suo stesso ministero - non solo alla cessione delle due fregate, ma anche a quella di 32 elicotteri Agusta AW139 e AW189.

Con buona pace della sfortunata famiglia Regeni.

Commenti