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Regionali, i dem si offrono ma i grillini alzano il prezzo

Franceschini vuole l'alleanza, il M5s frena: prima il taglio dei parlamentari. Zingaretti corteggia i «tecnici»

Regionali, i dem si offrono ma i grillini alzano il prezzo

Ma non staremo correndo troppo? Un mese fa l'uno chiamava l'altro «pidiota», e quello rispondeva «grullino». Oggi M5s e Pd sembrano fidanzati alle prese con le schermaglie amorose, che indugiano sulla data delle nozze. Dopo il Sì all'intesa di governo l'abbraccio nelle Regioni è tema sul tavolo.

Tutto sta nella narrazione: dopo aver venduto l'alleanza di governo come sacrificio necessario per evitare l'aumento dell'Iva e fermare la minaccia Salvini, è imbarazzante mostrare con quanta fretta i due partiti stiano pensando a un'alleanza globale, come ha raccontato ieri il Giornale, svelando quante trattative siano in corso in tutta Italia, perfino in giunte già in carica: il Pd corteggia ovunque sia fuori dalle stanze del potere, il M5s risponde alle profferte laddove ha più bisogno di appoggio per governare.

Ieri ci ha pensato il gran tessitore Dario Franceschini a imbastire la trama con un'intervista a Repubblica in cui auspicava alleanze alle Regionali, a partire dall'Umbria dove manca poco più di un mese al voto. Il «movente», per non sbagliare sarà sempre lo stesso: «Salvini ha detto: ci prenderemo l'Umbria - ha spiegato il ministro della Cultura -. Ed è la stessa frase dei pieni poteri. Ecco questa cosa va impedita». All'intervista ha subito fatto eco Nicola Zingaretti: «L'idea di Franceschini è corretta. Bisogna rispettare le realtà locali, ma se governiamo su un programma chiaro l'Italia, perché non provare anche nelle Regioni?». E a chiedersi «perché no?» del resto è ormai quasi tutto il Pd, con rare eccezioni. Ieri ci ha provato timidamente Matteo Orfini: «La proposta di Franceschini è seria ma non la condivido».

Non si aspetta manco di vedere se il mix giallorosso funziona prima di replicarlo su base locale: non c'è tempo. A fine ottobre si vota in Umbria, a novembre in Calabria, a seguire in Emilia Romagna e il centrodestra è in vantaggio. Tre regioni governate del Pd, due delle quali con giunte stroncate da scandali giudiziari: appalti in Calabria e sanitopoli in Umbria. I 5 stelle vorrebbero interrompere la serie di batoste alle Regionali, ma non è la «prudenza» dei Di Battista a frenarli (ieri ha detto di essere «Scettico sul governo» con il Pd «garante dei poteri forti» che «ha posto un veto sul mio nome»). I 5s prendono tempo, alzano la posta. A Zingaretti replicano con una nota che pare una porta più socchiusa che sprangata: «Il tema delle alleanze alle regionali non è all'ordine del giorno». Si sottolinea anche che ora si rimane «concentrati sulle cose concrete come il taglio dei parlamentari». Frase che arriva all'indomani del rinvio del voto sul taglio dei parlamentari imposto dal Pd e parrebbe suggerire il prezzo dell'alleanza.

Il presidente della Camera Roberto Fico a sua volta, evoca la regola dello statuto M5s che autorizza solo alleanze con liste civiche. Il Pd ha ben presente la questione, ma sa bene che non è un vero ostacolo. Franceschini mette già sul tavolo la scappatoia: «Oggi il candidato del centrosinistra non è del Pd, ma Andrea Fora è un civico, e questo credo faciliti l'alleanza». La cosa certa è che nel Pd le manovre sono iniziate da tempo. Simona Bonafè si dice pronta in Toscana, Alessia Morani ammette che nelle sue Marche «ci si sta lavorando da un po'».

E c'è chi dice che Zingaretti potrebbe dare l'esempio nel Lazio grazie all'asse con Roberta Lombardi, magari facendo entrare in giunta tecnici di area M5s.

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